CORONAVIRUS, ALLE ORIGINI DEL MALE. LA PAROLA AD UN ESPERTO ALESSANDRO SCORCIARINI COPPOLA, DOTTORE IN SCIENZE DELLA PRODUZIONE ANIMALE

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–      di Francesca Nardi      –                

2° puntata

%name CORONAVIRUS, ALLE ORIGINI DEL MALE. LA PAROLA AD UN ESPERTO ALESSANDRO SCORCIARINI COPPOLA, DOTTORE IN SCIENZE DELLA PRODUZIONE ANIMALESarà un lungo percorso quello che abbiamo appena imboccato, ma noi lo percorreremo fino in fondo…senza esitazioni né ripensamenti…evitando di preoccuparci troppo del politically correct, che consideriamo una patetica, rinsecchita, inutile foglia di fico che, non si comprende bene, cosa dovrebbe coprire, al di là di ciò che non tenta già di occultare, l’ipocrisia…Con il dottor Alessandro Scorciarini Coppola, dottore in Scienze della Produzione Animale, ripercorreremo le tappe più significative di un cammino accidentato, ma eccezionale, la cui attenta lettura sarà indispensabile per comprendere cosa sia accaduto attorno a noi ed in nostro danno e quanto potrebbe accadere in futuro. Nessuna remora avrà potere sufficiente, per indurci ad alterare il racconto della verità che invitiamo tutti ad ascoltare. Nella prima puntata abbiamo ricordato il Progetto Bufala, che oggi approfondiremo ed abbiamo affrontato il problema delle scelte di alcuni allevatori e veterinari, con riferimento specifico alla mancata adozione di alcuni farmaci, che affronteremo nelle prossime puntate

Dottor Scorciarini, ricordando il Progetto Bufala, per quale motivo, secondo lei, gli allevatori si rifiutarono di adottare un metodo così razionale che avrebbe evitato loro molti dei problemi che si sono puntualmente verificati e che ancora devono affrontare?

“Posso tranquillamente dire che non ci fu un difetto di comunicazione perché non si contano le riunioni e i convegni pubblici ai quali partecipai per illustrare ogni aspetto della questione così come le trasmissioni televisive sui canali RAI: da Verde Mattina alla Vecchia Fattoria, da Linea Verde alla Prova del Cuoco. Conservo ancora le locandine, le registrazioni in cassetta e gli articoli di stampa. E non si possono nemmeno attribuire colpe alla politica che, mai come allora e di ogni colore, sostenne il progetto. Più di tutti e prima di tutti l’Onorevole Nicolò Cuscunà di Caserta con le sue numerose Interrogazioni Parlamentari, la sua passione e la sua presenza in prima persona, il coinvolgimeto che allargò al resto dei politici con la organizzazione di sua iniziativa, di vari convegni. Meno di tutti invece, un certo Assessore Regionale alla Agricoltura della Campania, credo e spero ormai finito come meritava, nell’oblio e che appunto neppure cito il quale, anziché sostenere un progetto del suo territorio, contribuì a minarlo, forse perché non era sorto nella sua provincia. Ma dico di più, il progetto nasceva nell’ambito di un consorzio già costituito di allevatori e trasformatori del latte per cui non si può nemmeno parlare di individualismo e di scarso spirito associazionistico purtroppo tipici del meridione, così come sarebbe facile rispondere alla domanda attribuendo la colpa allo scarso spirito d’impresa e alla scarsa accettazione del rischio d’impresa, col quale spesso ci si scontra. Non si trattò di questo, così come non è neppure vero il pretesto mosso allora da alcuni che, per allevare altri animali, quelli da carne appunto, sarebbero stati necessari ettari ed ettari di terra in più per ognuno di loro, al fine di poter produrre i foraggi necessari perché non è così. Il progetto non prevedeva all’inizio alcun investimento, né costruzione di altre stalle ecc. bensì il conferimento degli animali adulti a fine carriera per la produzione del latte o per problemi di vario genere. Si trattava di bestiame da dismettere ma, in quanto adulto, già a peso. Il progetto prevedeva all’inizio, l’utilizzo solo del bestiame esistente. In ogni caso, quando e qualora si fosse passati alla fase successiva, quella, cioè, dell’ingrasso dei vitelli, quelli soppressi e smaltiti illegalmente, se si fosse trattato di produrre carne bianca, quindi con alimentazione esclusivamente lattea fino ai 6 mesi di età, quella della macellazione, non sarebbero servite strutture edili importanti né i foraggi, vista, come ho detto, la breve vita e la sola alimentazione lattea. Una prova di ingrasso che fu condotta a Gonzaga, in provincia di Mantova, dove sono esperti per questo tipo di allevamento. Nel caso, poi, il progetto si fosse sviluppato con successo, tanto da passare alla fase 2, per chi non avesse ettari a disposizione per produrre foraggi né denari a disposizione per realizzare nuove stalle, per ospitare le bestie da carne, volli fare un esperimento di ingrasso allo stato selvatico a 24 mesi, in terreni e boscaglie di scarso valore che non mancano in tutta la Campania come in qualsiasi parte d’Italia, che fu condotto nella tenuta delle Terme di Saturnia in provincia di Grosseto al fine di ottenere manzi di 400 kg di peso un po’ più tardi ma a costi molto bassi. Tutto questo grazie al fondamentale sostegno di un allevatore che merita di essere ricordato, il signor Michele Pannullo. Nel frattempo, erano venuti per due volte a Caserta i due massimi dirigenti della più nota casa produttiva italiana di alimenti per l’infanzia e la terza età coi quali mi ero interagito i quali, dopo aver fatto verificato con analisi di laboratorio le qualità biochimiche della carne bufalina e con esse le mie affermazioni, quindi l’idea progetto, erano desiderosi di procedere a un secondo esperimento di maggiore scala per realizzare i prototipi di omogeneizzati per l’infanzia e gli anziani colesterolemici da testare su di un numero di soggetti credibile. Questo dopo il primo esperimento che fu condotto presso la loro industria di Latina, dove anch’io una volta mi recai. Oltre a ciò, venne a Caserta anch’egli per due volte il titolare di una industria alimentare della Provenza sita a pochi chilometri a nord di Avignone e molto nota in Francia, Monsieur Raymond G., vicino di attività di un mio amico di Pisa, E. d. M. (che realizza forni per vetrerie e a quel tempo aveva una sede in Francia nella stessa area industriale) il quale Raymond G., dopo un primo esperimento da lui stesso condotto che lo aveva entusiasmato, non aveva dubbi a partire con due linee produttive di carne bufalina, una per tre tipi di spezzatini, l’altra per due patè; in tutti i casi in eleganti e molto ben presentabili confezioni in vetro. Ciò che non andò furono essenzialmente due aspetti. Il primo, la dirigenza della Associazione Allevatori di Caserta, dove a una prima entusiastica considerazione che “gli allevatori sarebbero stati aiutati a smaltire del bestiame ormai di risulta ricavandone pure qualcosa” per di più creando l’avvio a un inesistente mercato della carne bufalina, foriero per la produzione dei vitelli e dei vitelloni per la carne di prima qualità, la seconda fase del progetto che richiedeva più coraggio e qualche rischio, visto l’interesse che si era acceso nei nostri interlocutori, si passò furbescamente a una stima al quintale di peso vivo delle bestie neanche avessimo di fronte a noi degli sciocchi venuti dalla Francia e da Milano a farsi imbrogliare. Il secondo motivo, apparirà incredibile, ma il fatto che il progetto, almeno nella prima parte non costava quasi nulla, non prevedeva praticamente investimenti perché quelli, al limite erano semmai degli industriali che coinvolti che mettevano a disposizione la loro esperienza e il loro marchio. Non bisognava portare a peso nessun animale perché, come ho detto, si utilizzavano quelli anziani o comunque da dismettere. Di conseguenza non c’erano stalle da costruire, così come non c’erano neppure macelli da realizzare, perché ci si sarebbe rivolti a chi già svolgeva di mestiere questa operazione, pagando semplicemente il costo industriale di macellazione. Non bisognava, poi, costruire nessuna industria perché si sarebbe trattato solo di caricarsi delle spese di spedizione per inviare le carni alle due fabbriche, quella di Latina e quella della Provenza. Nessun costo, poi, neppure per il confezionamento, la distribuzione e la pubblicità dei prodotti di cui si sarebbero occupate le due industrie. Tutto questo per la parte meno pregiata dei tagli dell’animale che andava immaginato, mi si perdoni il termine, come smontato in quanto il resto, la parte pregiata sarebbe rimasta quaggiù; nelle nostre mani. I tagli pregiati, filetto e controfiletto, per destinarli al consumo nei migliori ristoranti anche per far conoscere il più rapidamente possibile, la materia prima e sfatare le assurde dicerie a quel tempo diffuse al fine di lanciare la futura produzione di vitelli e vitelloni. La rimanente parte per realizzare salumi non insaccati, essendo la carne bufalina particolarmente adatta allo scopo. Salumi a pezzo intero tipo bresaola o altro di simile, per capirci e mai dico mai, gli insaccati perché misti all’indispensabile grasso suino, essendo inadatto quello bufalino. Tutto questo grazie all’ingegno, alla sapienza e alla manualità di altri due esponenti della mia squadra che voglio anch’essi ricordare, il Signor Pinuccio Consalvo di Nocera Inferiore e il Signor Augusto Merola di Sparanise. Tecnici preziosi, capaci, ingegnosi e appassionati anche sui formaggi che il comparto bufalino, anziché legare a sé per sempre a doppio filo come sarebbe accaduto nell’area padana, ha, al contrario, snobbato. La premessa per giungere al secondo punto, quello di coloro i quali credevo di aver vicino e che invece si sono rivelati essere dei modesti faccendieri che non guardano oltre la punta del loro naso. Gente preposta e capace a individuare e ottenere i famosi fondi europei. Costoro videro con astio, preoccupazione e dispetto, pensando agli onorari rinviati il fatto che inizialmente i fondi non servissero, che loro stessi, la loro figura professionale non servissero, poiché non c’era in quel momento nulla di cemento armato da edificare, al contrario di come poi accadde, una volta che io fui praticamente allontanato, carpendo le mie idee progetto e anche i meriti, coprendosi di ridicolo dato che la vicenda era estremamente nota nell’ambiente. Fu realizzato immediatamente, ciò che in futuro sarebbe stato necessario ma che in quel momento risultarono essere le cattedrali nel deserto per il fallimento che ne è derivato; quello che si trova sotto gli occhi di tutti”.