UN’EPIDEMIA FINITA IN ECATOMBE: LA STORIA DI QUELLO CHE IN TANTI NON HANNO VOLUTO VEDERE

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      –      di Vincenzo D’Anna *    –    danna CORONAVIRUS UNEPIDEMIA FINITA IN ECATOMBE: LA STORIA DI QUELLO CHE IN TANTI NON HANNO VOLUTO VEDERELa narrazione cronologica degli eventi che hanno concorso a trasformare la pandemia di coronavirus in un’ecatombe merita una premessa manzoniana: “del senno di poi son piene le fosse”. In casi del genere, al cospetto cioè, di qualcosa di nuovo e dunque di non noto, non sempre la sapienza scientifica (sedimentata) da sola basta, ma occorrono intuito, esperienza, evidenza e sopratutto autonomia di giudizio. Prerogative del tutto ignorate, da parte delle Istituzioni sanitarie e dei rappresentanti della cosiddetta “scienza omologata”, ovvero pubblicizzata come ortodossa nelle varie comparsate televisive quando ci si è trovati a fare i conti con il contagio da Covid-19. Questi i fatti. Giulio Tarro ed a seguire altri scienziati del calibro di Maria Rita Gismondo, Silvio Brusaferro, Paolo Ascierto, Giuseppe Del Donno e Maurizio Baroni, hanno avvertito, in epoche diverse, la scienza “accreditata ed istituzionale” insieme con i pletorici comitati scientifici, che l’epidemia non era stata inquadrata a dovere così da essere arginata. Tanto per cambiare il genio italico ha prevalso sugli apparati ufficiali rinverdendo il pensiero di Montanelli che per l’Italia il futuro è scadente ma non lo sarà per gli italiani. Già a marzo il professor Tarro aveva avvisato che ci trovavamo innanzi a due epidemie: una più veloce definita “autoctona” ed un’altra più lenta proveniente direttamente dalla Cina. Io appoggiai la tesi sostenuta dell’ex primario del Cotugno e per questo fui deriso. La tesi era che in alcuni piccoli paesi della Pianura Padana il fatto che vi fossero molti contagiati testimoniasse la presenza, in loco, di un virus giunto in epoca precedente (forse dalla Germania) in quei luoghi rispetto a quello isolato a Wuhan. Un virus differente, dunque, rispetto a quello “studiato” allo Spallanzani di Roma di provenienza epidemica Cinese. A fare piena luce sulla natura di quell’agente patogeno ci pensò la Gismondi che al “Sacco” di Milano isolò un virus autoctono definito da me “Padano” e da lei “Lombardo”. Intendiamoci: l’origine di quel virus era sempre cinese. Tuttavia quello stesso virus stava già seminando lutti in Lombardia e questo molti mesi prima (per qualcuno addirittura già nell’autunno del 2019) che da Wuhan arrivasse il Sars-Cov2 che poi tutti quanti noi abbiamo imparato a conoscere. Capitò allora che da quell’associazione para scientifica e meta politica che è il patto per la Scienza venisse comminata una bolla di scomunica alla Gismondo. Lo stesso Galli arrivò a minimizzare tale scoperta. Eppure, pochi giorni dopo l’ISS rese noto che in tre pazienti di Codogno era stata ravvisata la presenza di un virus definito “autoctono” confermando, in tal modo, la tesi del Sacco. Perché nessuno pose attenzione a questa circostanza, ripresa anche dai principali quotidiani nazionali (tra i quali, il 10 marzo, Repubblica, che così titolava: “Chiarita la natura sostanzialmente ‘autoctona’ dell’infezione da coronavirus in Italia”)? Insomma: riepilogando, il virus (sempre di coronavirus si tratta, sia pur geneticamente diverso rispetto a quello di Wuhan) che ha fatto stragi in Lombardia era presente in quei territori da settimane o da mesi (come si vedrà in appresso) e lì aveva infettato migliaia di persone. Per fortuna il 90% degli italiani è risultato geneticamente refrattario al Sars-Cov2 ma nel 10% dei casi, il contagio ha prodotto patologie ed in qualche migliaio (3/4 %) di anziani e cronici, patologie anche molto pesanti e serie. I dati sulla mortalità messi in onda sono risultati falsati. Sono stati elaborati, infatti, su quel 10% di casi noti ed infetti ma gli altri (asintomatici e pauci sintomatici) essendo rimasti ignoti, non sono stati calcolati. Le percentuali del 6/8% andrebbero allora riportate al 100% degli infetti quindi abbassate al 0,6/0,8%. Questo nessuno lo disse!! E ancora: perché la Lombardia? Perché in quelle zone è arrivato il cosiddetto “paziente zero” e per mesi il contagio si è diffuso e si è manifestato, contemporaneamente, quando le temperature sono andate oltre i 4/5 gradi (il virus ha un range di attività da 3 a 27 gradi C). La Lombardia si è chiusa in ritardo pensando che il virus dovesse venire da fuori, dalla Cina, quando invece lo aveva già in casa. Atto secondo: nessuna delle istituzioni scientifiche, dei comitati e degli scienziati omologati ha contestato le teorie mediche importate e accettate supinamente dalla Cina, sulla contrarietà all’uso dei Fans (Farmaci anti infiammatori non steroidei) nei malati sospetti. Gente tenuta con febbre da cavallo per diversi giorni ha prodotto agenti infiammatori da uccidere un cavallo. In combinato disposto si sono pure vietate le autopsie ancorché ci si trovasse innanzi ad un morbo sconosciuto e come minimo era d’uopo indagare con le necroscopie. Quindi Ignoranza ed imperizia.! Il virus muore con la morte delle cellule e le salme, dopo poche ore, non sono più infette quindi tenere le autopsie come forma di contagio ed incenerire i corpi è’ stato un lugubre e sbrigativo comportamento. Ci si è affannati con i respiratori ad insufflare aria nei polmoni ad intubare malati che morivano comunque. Eppure un bravo cardiologo di Bologna Maurizio Baroni aveva avvertito che il problema non era respiratorio ma cardio circolatorio. Dal canto suo, il dott. Ascierto  all’Ospedale Pascale di Napoli aveva avvertito che – da letteratura –  già nella SARS 1 i malati di artrite reumatoide erano risultati immuni al virus  Sars e ad altri virus come HCV e HBV e HIV. Ascierto ha sperimentato un farmaco già noto e usato in quelle patologie infiammatorie rompendo, in tal modo, il muro del conformismo. Nel frattempo sono deceduti a migliaia  i malati non per il Covid ma per la grave infiammazione prodotta dal Covid non curata. Dall’ospedale S. Giovanni XXIII di Bergamo i medici hanno chiesto ai magistrati di autorizzare le autopsie. E così, dopo una dozzina di esami autoptici, hanno visto confermata la tesi che i decessi avvenivano come causa della forte infiammazione non curata, che induce una CID (coagulazione casale disseminata) nella rete dei vasi polmonari. In soldoni: respiratori e rianimazioni non servivano!! I vecchi mandati a morire nelle RSA? Sono stati lasciati in spazi privi di percorsi ed isolamento adeguati infettando così altri anziani. Insieme, senza cure non hanno avuto alcuna chance! Atto terzo. E ritorniamo sull’argomento nord Italia: perché in Lombardia e nelle province padane? Sempre Tarro, a marzo, avvisò che in quelle zone i terreni erano fortemente inquinati a causa dell’uso di scarti industriali e farmaceutici sparsi sui terreni e utilizzati come concimi. Si scoprì (ne ha parlato diffusamente anche il programma Report su Rai Tre) che le polveri sottili e le nano particelle sospese nei cieli potevano essere il veicolo che consentiva al virus di diffondersi facilmente come aerosol. Tracce di RNA virale è stato infatti rintracciato su tali particelle sospese. Particelle che hanno quindi veicolato il materiale virale, aumentando la diffusività del virus, facendolo arrivare direttamente nelle cellule dell’apparato respiratorio come dei piccoli proiettili. Proiettili che portavano direttamente il materiale virale dentro le cellule. E concludiamo. L’ignoranza, il conformismo, la mancanza del dubbio e la gestione autoreferenziale della epidemia sono state le cause prime e vere della ecatombe.  Il virus fino ad oggi è mutato 4.000 e più volte. Fare un vaccino perché sia utile per tutti i maggior ceppi differenziatisi (una trentina) è tutto da vedere…

* Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi – ex parlamentare