CINECITTÀ

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danna ddl vaccini e1546533261525 CINECITTÀ

di Vincenzo D’Anna*

Il cinema è stato fin dai suoi albori una potente macchina per orientare il consenso delle masse, per divulgare apertamente idee e ideologie, oppure proposte al pubblico camuffate dietro abili sceneggiature. Non a caso l’arma della filmografia è stata abbondantemente utilizzata da tutti i dittatori i quali, gestendo la comunicazione, hanno irregimentato uomini e coscienze. Mussolini, che era uomo di comunicazione, noto giornalista e direttore del più diffuso giornale italiano, definì il cinema come la più potente delle armi. Viviamo in tempi nei quali i cittadini godono di ben altri strumenti ed opportunità per comunicare. Veloci ed interattivi, i siti web consentono a ciascuno di leggere quel che vuole e di esprimersi come vuole. I margini di libertà, spesso male utilizzati, trasformano sovente la rete in una palude fatta di aggressioni verbali, di approssimazione e di anonimato permissivo.Tuttavia, la comunicazione, nella forma sempre più ampia e progredita, ha sancito, definitivamente, la supremazia del verbo apparire sul verbo essere. La stessa politica sceglie i propri leader non sulla base di congressi ed assemblee politiche, peraltro quasi sempre farlocche e pilotate, ma in virtù del gradiente telegenico del soggetto e della capacità di affabulazione televisiva. Abbiamo peraltro assistito all’uso sapiente della comunicazione online da parte di esperti in quella materia fino a creare addirittura un partito politico, di proprietà di una società privata e lucrativa, la Casaleggio Associati. Questo partito ha saputo manipolare sulla rete la realtà percepita dalla gente, trasferendo ogni negatività sui propri avversari, anche avvalendosi di fake news ed aggressioni verbali. Uno squadrismo fatto a colpi di post di soggetti detti “influencer”, persone assoldate e coordinate per contrastare le opinioni contrarie a quelle del proprio partito e calunniare gli avversari politici.Fu così che la maggioranza degli italiani, culturalmente sedentari, smemorati e clienti da sempre del ceto politico, si sono sentiti rivoluzionari ed artefici di una radicale riforma del sistema istituzionale. Una rivoluzione alla buona, svanita non appena i lombi dei rivoluzionari hanno toccato i morbidi drappi delle poltrone governative. Tuttavia, eccessi a parte, la chiusura dei partiti, che dovrebbero essere trasformati in enti di diritto pubblico controllati nei percorsi democratici statutari  e finanziati da un’authority indipendente, la personalizzazione della politica, hanno lasciato nelle mani dei mezzi televisivi e cinematografici gran parte della selezione  della classe dirigente, tra quella più telegenica.  Oggi non conta che veri e propri incapaci reggano dicasteri importanti, che il Governo in carica sia double-face con lo stesso identico presidente del Consiglio e maggioranze diametralmente opposte, se questo stato di cose viene sottaciuto oppure minimizzato dai mezzi di comunicazione di massa. Le parole corrono sulla rete e non conta quanto siano vere ed opportune, ma a quanta gente esse arrivino per carpirne il consenso.Chi volete che ricordi il sistema elettorale maggioritario nel quale l’elettore sceglieva anticipatamente la coalizione politica, il primo ministro (capo della coalizione vincente), il parlamentare di collegio e il programma di governo… Ora la parola d’ordine è “sistema proporzionale”. La gente è bombardata dalla menzogna delle preferenze, fonte di ricatto e corruttela, come unico sistema per scegliere il parlamentare e non poter scegliere altro. Tutto ciò ricorda il mercato delle vacche che di questi tempi si celebra in Parlamento ove si ribaltano governi senza alcun rispetto per gli impegni assunti con gli elettori.Allora, destrutturata la scuola, ove è scomparsa la didattica e la funzione di istruire a vantaggio della sociologia dell’accoglienza, la massa è sempre più ignorante e preda della comunicazione. Non a caso è di queste ora la notizia che Berlusconi mediti contatti con Conte, grillino dal volto umano, così che si possa lavorare a un’intesa tra quel che resta delle truppe del Cavaliere e di quel fenomeno di capriole  circensi che si è rivelato essere Matteo Renzi. Non si tratta di formare un’area riformista e liberale, come infatti si dovrebbe, e come tenteranno di farci credere. Se così fosse, avrebbero dovuto farlo dopo il referendum, con il 42 percento di consensi raccolto, ben prima di ridursi elettoralmente con le pezze al culo.Ma loro non sono in cerca di una sintesi politica, di un progetto di ammodernamento dello Stato, di una prospettiva che ci allontani dal baratro del default. Cercano la sintesi telegenica da presentare agli elettori nella nuova veste comunicativa. In fondo fanno spettacolo, non politica. Guglielmo Giannini, leader del partito dell’Uomo Qualunque nel secondo dopoguerra, ad Alcide De Gasperi che gli chiedeva a quale ministero ambisse, così rispose, riferendosi a quello dello spettacolo : quello delle fregnacce!

*ex parlamentare