USO ED ABUSO DEL CORPO QUALE “SUPERFICIE” PER COMUNICARE IL NULLA

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        –         di Nicolò Antonio Cuscunà         –              

Sono anni che l’umano malato narcisismo usa il corpo quale superficie comunicante. Le nudità estive, più che far godere antropomorfe curve ben messe o abbondanti, bellezze al sole, richiamano l’attenzione su punti, linee, geroglifici e simboli incisi suttocute per appagare il nichilismo di massa. Dio ce ne guardi dall’accostare gli insegnamenti dell’innovatore dell’arte del ‘900 Wassily Kandinsky, teorizzatore di molti piani dell’esistenza umana, ricercatore del rinnovamento della vita. Punto, linea, superfici utili a creare la “metafisica delle forme”, Kandinsky insegna ad ascoltare e comprendere la “forma” entrando in essa per goderla. I corpi segnati, tatuati ed iper-esposti di oggi non hanno questo sublime indirizzo, essi rappresentano, senza se né ma, il nulla impastato col niente.

Antropologia e archeologia ci indicano in OTZI, Kelab o l’uomo del Similaun, l’essere umano utilizzatore di “tatuaggi” di 5.200/5.300 anni fa.  Semplici punti, linee e crocette segnate sotto cute e presenti nella parte bassa della colonna vertebrale, dietro il ginocchio sinistro e dietro la caviglia destra. Sicuramente Otzi non era un edonista, non si tatuò per piacere, per suscitare meraviglia e stupore. Radiografie indicano i tatuaggi coincidenti con artrosi, sicuramente dolorose, per cui possiamo affermare che l’uomo del ghiacciaio del Similaun si fece tatuare per funzione curativa o magico-religiosa.  Cosa c’entra Otzi con i tatuaggi onnipresenti sui corpi di donne, uomini, giovincelli e anche anziani di oggi? …NULLA! Lo abbiamo affermato in precedenza: ” …i tatuaggi di oggi, sono distanti dal valore simbolico, estetico, ideologico e culturale di quelli primordiali e d’origine …. come sono distanti il giorno dalla notte, il bianco dal nero, il fuoco dal ghiaccio.

Nel 2.000 a.C. in Egitto i tatuaggi erano in uso tra le danzatrici, ritrovamenti in mummie. I Celti adoratori di animali, cinghiali, tori, gatti selvatici, ne tracciavano sulla pelle le forme simboliche stilizzate in segno di devozione. Gli antichi romani, sostenitori della “purezza del corpo umano”, ne vietarono l’uso. Successivamente alla conquista della Britannia, i legionari romani, per imitare la forza ed il coraggio delle popolazioni sottomesse, presero a prestito quei simboli tatuandoseli sulla pelle. I cristiani si segnavano con simboli riconducibili al loro credo e, successivamente alla fine delle persecuzioni, ostentavano la croce sulla fronte; nel 787 papa Adriano li proibì. Il marchio della Croce di Gerusalemme era tatuaggio comune tra i crociati, in caso di morte in battaglia, consentiva il riconoscimento per il rito di sepoltura. Con la fine delle crociate, in Europa, scomparve l’uso dei tatuaggi. Le grandi scoperte geografiche, i grandi viaggiatori, scoprirono i tatuaggi in uso nei popoli indigeni delle isole del sud Pacifico. Tra quelle popolazioni i tatuaggi avevano un alto e preciso significato dal valore sociale e religioso. I tatuaggi indicavano il coraggio, la storia del soggetto tatuato, la posizione e grado sociale dell’individuo oltre l’appartenenza al clan etnico-geografico. Significato magico-rituale avevano i tatuaggi in Giappone, oppure usati per marchiare e distinguere i criminali.

In ogni latitudine planetaria i tatuaggi hanno anche evidenziato status-criminali, questi sono ufficialmente vietati negli USA, al contrario tollerati in Russia e nelle ex Repubbliche sovietiche. In quest’ultimi Paesi, la mafia li utilizza e rappresenta la trasmissione di rigide regole familiari, geografiche, di clan, fede e credo politico -film: Educazione Siberiana di Gabriele Salvatores-. Malavita organizzata e mafie italiane usavano, ed ancora in parte usano, i tatuaggi per esibire appartenenza e forza. Tatuaggi di triste memoria sono stati utilizzati per marchiare-numerare i condannati nei lager nazisti, sovietici, comunisti cambogiani, cinesi e kossovari. L’odierna moda dell’apparire per esaltare e meravigliare, con forme e simboli adottati senza conoscerne il significato, vizi d’immagine del nulla, mortificano il corpo semplice “superficie”, non più scrigno dell’anima e del pensiero umano. I tatuaggi, espressione di forza e presunta superiorità, esternati dai massacratori del povero Willy di Colleferro rappresentano povertà culturale e l’infimo gradino raggiunto dal cosiddetto “Homo sapiens”. OTZI del Similaun era altra cosa, da quell’artigiano del rame, dai britanni di Merlino, celti e crociati discende la civiltà d’occidente …dai tatuati di Colleferro nascerà solo letame.