– di Francesco Aliperti Bigliardo * – Qualcosa nell’aria, un che di torbido ed umidiccio, aveva annunciato la notizia che in poche ore avrebbe movimentato la vita di quel tranquillo paese di montagna.
Un uomo, ben vestito, con scarpe lucide e calzini bordeaux di puro filo scozzese, era annegato nel fiume. Lo aveva trovato il macellaio del luogo che, ad onta del suo mestiere, era un accanito ed appassionato pescatore di trote.
Impigliato in uno dei tanti rami che in cerca di un po’ di refrigerio, tagliavano trasversalmente il corso delle acque, il bel cadavere aveva terminato la sua navigazione, a pochi metri dalla sponda.
Il macellaio si avvicinò senza timore a quel corpo immobile ed appena ebbe osservato i suoi occhi sbiaditi e gonfi di lacrime, capì che non si trattava di uno scherzo; quell’uomo era morto davvero.
Pensò di liberarlo dalla ostinata presa di quel ramo, per offrirgli pietoso ricovero sulla terra ferma. Presto
si rese conto che lo sforzo, non avrebbe sortito alcun effetto. Valutò che migliori risultati sarebbero stati ottenuti in tal senso, se avesse chiesto l’aiuto di qualcuno in paese. Così fece, non prima di aver trascorso quel che avanzava del giorno, a guardare l’acqua che con sapienza levigava il volto di quell’uomo dal passato oscuro ed intrigante, formulando, con notevole anticipo rispetto agli altri, una serie di ipotesi che dessero una spiegazione logica dell’accaduto.
“E’ così ben vestito che proprio non può essere uno scalatore caduto per sventura nel fiume…ammazzato? No! Non l’hanno ammazzato, sarebbe rivolto con la faccia verso il fondale altrimenti” Guardava dritto verso il cielo pieno di nuvole, l’annegato, la sua faccia era serena, attraversata dall’ombra di una lontana tristezza. Era decisamente l’annegato più bello che si fosse mai visto.
In paese non si parlava di altro, anche perché, da quelle parti, mai era successo nulla di così importante. La gente in paese non moriva per cause tanto insolite, il massimo che potesse capitare, era di perdersi nel bosco ed essere assalito, come dire, da un lupo. Questo, non era mai accaduto ad uomini con la cravatta, però.
Nel giro di poche ore il paese si riempi’ di stranieri operosi, abbigliati nelle maniere più inconsuete. Un esercito di simpatici soldatini smaniosi di far luce su quell’affascinante mistero. Furono condotte delle indagini accurate e scrupolose. Fu accertato che la vittima, si chiamava John e che, sicuramente, proveniva da un paese freddo e poco assolato…forse l’Inghilterra.
Non fu però altrettanto facile stabilire come e soprattutto perché un così bel signore, per giunta Inglese, fosse finito lì, a tanti chilometri di distanza dal suo luogo di nascita. Qualcuno, forse per rendere pubblica la sua smisurata passione per gli studi di tipo geologico, argomentò che, una risposta in tal senso, non poteva essere fornita neppure per taluni minerali rarissimi I quali, pur avendo le loro origini in territori aridi e ad alto contenuto granitico, venivano poi ritrovati sul fondo di oceani poggiati all’altro capo del mondo.
Il macellaio fu più volte ascoltato dalla polizia che, in mancanza di altri elementi, aveva concentrato proprio su quell’uomo pacifico i suoi sospetti.
“Andiamo ispettore, io non passo le mie giornate ad ammazzare sconosciuti e poi, se proprio volessi farlo, userei l’accetta!” Si trattava di una ingenua battuta, naturalmente. Gli investigatori la interpretarono senza indugi in modo che, il suo ruolo di primo imputato in quell’indagine, ne uscisse notevolmente fortificato. Fu la sorte a correre in aiuto del maldestro macellaio. Il criminologo della squadra degli investigatori prese le sue difese, sostenendo che quelli ammazzati, hanno sempre il culo rivolto in direzione del cielo.
“Si tratta di suicidio, siamo venuti fin quassù per niente!”
Le indagini potevano dirsi concluse e lo stuolo di esperti, telecamere, microfoni, “Jeans” e “T-Shirts” se ne andò via così come era venuto, lasciando il paese alle sue chiacchiere ed alla sua tranquillità.
I funerali non ebbero luogo. Infatti, nonostante tutti gli sforzi ed i tentativi operati dalla polizia prima e dalla gente del posto poi, non fu possibile strappare il corpo dell’annegato, alla tenace opposizione del ramo che era divenuto tutt’uno con la sua struttura.
La cosa non turbò più di tanto il parroco, il quale dal canto suo, aveva più volte mostrato la sua reticenza alla celebrazione del rito, dato che John aveva origini anglosassoni e pertanto doveva appartenere ad una dottrina religiosa di dubbio valore morale, totalmente estranea ai buoni insegnamenti cristiani.
Così l’annegato se ne stette lì, senza che nulla potesse alterare la sua legittima volontà; confortato dalla rinnovata struttura in legno che la natura gli aveva affidato. Intanto, i resti del suo corpo inzuppati dall’acqua ed in avanzato stato di decomposizione, si sfaldavano divenendo prelibato alimento per le trote del fiume.
Il macellaio tornò più volte sulla sponda del fiume, convinto come era che chiunque egli fosse e che da qualsiasi parte provenisse, doveva trattarsi di un uomo solo.
“Beh…ti sei perso da quasi un anno e ancora nessuno è venuto a cercarti…non temere vecchio John, ora ci sono io…ci terremo compagnia a vicenda, in fondo se salgo fin quassù, lo faccio perché conosco la tua amarezza e la solitudine dei tuoi giorni…ti avessi conosciuto prima, saremmo un po’ più vivi, entrambi.”
Continuo’ a fargli discorsi del genere anche quando del bell’annegato, restò solo un ramo storto e sbilenco. Così fino al giorno in cui, anche lui, se ne andò a spasso sulla superficie della stessa acqua, trascinato dalla corrente secolare del fiume, alla paziente ricerca di qualcuno, o di qualcosa, di un ramo storto e sbilenco, bisognoso di refrigerio cui legare la propria esistenza, forse.
Nel petto, per sempre, la consapevolezza che, chi è solo al mondo, ha a disposizione tutto il tempo che gli occorre per presentarsi alla morte, elegante e con bei calzini bordeaux di puro filo scozzese.
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* Francesco Aliperti Bigliardo (FAB) napoletano, classe 1967, scrittore per passione e metalmeccanico presso lo stabilimento Avio Aero (ex Alfa Romeo Avio) di Pomigliano D’Arco per necessità “perché non si vive di sole parole…” afferma.
Ha pubblicato nel 2009 per Edizioni Mayhem “La grande combustione” una commedia in due atti di ispirazione ambientalista andata in scena al teatro Gloria di Pomigliano d’Arco nel dicembre del 2014.