58ESIMA MOSTRA INTERNAZIONALE DEL NUOVO CINEMA DI PESARO: VINCE IL CINEMA, QUELLO DELLA TRADIZIONE E QUELLO SPERIMENTALE

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di Mariantonietta Losanno 

Si è appena conclusa la 58esima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro.

La Mostra è stata ideata nel 1965 da due critici cinematografici, Lino Micciché e Bruno Torri e in breve tempo è diventata un punto di riferimento mondiale del rinnovamento cinematografico. Le prime quattro edizioni – definite la “stagione d’oro” – hanno visto la partecipazione di Pasolini, Bertolucci, Mekas (che è stato omaggiato quest’anno in occasione del centenario); un cambio di rotta c’è stato, poi, con il Sessantotto – periodo delle contestazioni – in cui, oltre alla chiusura del Festival di Cannes, fu la Mostra la prima istituzione culturale ad essere contestata. Venne garantita la proiezione di tutti i film in programma, ma non lo svolgimento delle iniziative collaterali. Nel 1970 il Festival ribadì i suoi obiettivi programmatici e dagli anni Ottanta ad oggi è da segnalare l’aggiunta – parallela alla Mostra – dell’Evento speciale (quest’anno su Mario Martone), una retrospettiva permanente del cinema italiano dedicata a periodi – ad esempio il cinema degli anni Novanta – ad autori, attori, generi. Nel 1989 Lino Micciché ha lasciato la direzione: gli sono succedute una serie di figure tra cui Marco Müller (critico cinematografico e direttore artistico della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e dal 2012 al 2014 del Festival del Cinema di Roma) e Adriano Aprà (critico, attore, regista, saggista). Dal 2015 la direzione è affidata a Pedro Armocida, giornalista, critico cinematografico, docente presso l’Università “La Sapienza”. 

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Il Festival ha un’identità fortemente (in)definita che lo distingue da tutti gli altri: insiste sul concetto di Nuovo Cinema. Incarna, cioè, un’idea di cinema complessa, espressione non soltanto di un nuovo linguaggio, ma anche di una diversa modalità di intendere l’esperienza cinematografica. Grazie ad un uso di supporti non necessariamente professionali, di un montaggio particolarmente “creativo”, di un’attenzione all’immagine in sé a partire dal singolo fotogramma, di una totale autonomia produttiva dell’autore, il Nuovo Cinema si impone come un cinema capace di rappresentare il reale e al tempo stesso di manipolarlo. Si spinge, cioè, verso la tradizione e il suo ribaltamento, e rende ancora più forte la relazione con altre discipline come la musica, la pittura, la danza. La locandina del Festival – disegnata dall’artista Uolli, autore di diversi videoclip musicali e collaboratore dei più importanti festival culturali italiani – cattura l’essenza e la sua natura poliedrica: “L’idea di realizzare un’installazione totalmente meccanica e interamente dedicata al cinema nasce proprio dalla stessa curiosità e dallo stesso spirito del Festival. Omaggia, cioè, tutto il cinema senza distinzioni, rappresentandolo attraverso marchingegni, automazioni e meccanismi volti a dimostrare i suoi mille aspetti: dai giochi ottici del precinema come lo zootropio fino agli oggetti iconografici del cinema come il ciak, la pellicola, gli occhiali 3D, i pop-corn, le mani che applaudono”

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Pesaro si presenta, dunque, come la vetrina del Nuovo Cinema. Si discosta da quello narrativo veicolando un concetto di Cinema astratto e concreto, in cui – spesso – non ci sono elementi a cui “aggrapparsi” e ci si ritrova a sentirsi “piccoli” di fronte al grande schermo. Il Nuovo Cinema permette di “liberare” le parole intrappolate dentro le cose, di far dialogare dimensioni differenti e non facilmente distinguibili, di conoscere luoghi inesplorati ma al tempo stesso familiari, di costruire – persino – “falsi ricordi” senza un materiale di riferimento. Lo spettatore va oltre tutto quello che conosce e si concede la libertà di porsi nuove domande e di lasciarsi ispirare. 

L’evento di apertura del Festival ha celebrato l’anniversario di un classico del cinema: quest’anno è toccato ad “E.T. l’Extraterrestre”, uscito nelle sale esattamente quarant’anni fa. L’anno scorso, invece, si festeggiarono i quarant’anni de “I predatori dell’arca perduta”, entrambi capolavori di Steven Spielberg. I sedici film in concorso sono stati giudicati da tre giurie: alle due tradizionali composte da studenti delle scuole e delle Università di cinema di tutta Italia e da professionisti dello spettacolo (che quest’anno sono stati l’attore Tommaso Ragno, la regista portoghese Rita Azevedo Gomes e l’artista spagnolo Carlos Casas), si aggiunge una terza –  la giuria della critica – che ha visto coinvolti tre critici del Sindacato Nazionale Critici Italiani, Andreina di Sanzo, Simone Soranna e Massimo Lechi. Tra i titoli in concorso “Langue de oiseaux”, del francese Erik Bullot, documentario sul desiderio dell’uomo di comunicare con gli uccelli; “All of our Heartbeats are Connected Through Exploding Stars”, riflessione sulla perdita e rinascita a partire dal terremoto che sconvolse il Giappone nel marzo 2011; “La nave”, esordio girato in clandestinità dal colombiano Carlos Maria Romero, che ha provato a ricreare lo spirito festoso del Carnaval de Barranquilla, in un momento in cui, a causa della pandemia, tutti gli eventi erano proibiti. Spicca anche la presenza di due italiani: gli artisti Fabrizio Bellomo e Ignazio Fabio Mazzola che hanno concorso rispettivamente con “Natura Morta” e “G.”. Al concorso ufficiale, poi, si affiancano le due tradizionali competizioni parallele: il premio di Critica Cinematografica Lino Micciché e (Ri)Montaggi, l’unico concorso italiano dedicato al video-essay. Tra gli eventi collaterali: il Cinema in Spiaggia, che ha visto nella sua programmazione Dino Risi, Luciano Salce, Mario Monicelli, Bernardo Bertolucci; la celebrazione dei cento anni di Pier Paolo Pasolini con la proiezione del “Pasolini” di Abel Ferrara (ospite a Pesaro) ma anche con l’installazione “Messa a fuoco”, degli artisti Carloni e Franceschetti, ispirata alla poesia “Profezia” dell’intellettuale friulano; sono stati dedicati anche ampi spazi di comunicazione tra Cinema e Musica (l’omaggio a Riz Ortolani, l’edizione de “Il Muro del Suono”, a cura di Anthony Ettorre e Vittorio Ondedei, la sezione Vedomusica, a cura di Luca Pacilio, dedicata ai videoclip) e spazi ai bambini al “Pesaro Film Festival Circus”.  

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Il premio della 58esima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema è andato a “Les images qui vont suivre n’ont jamais existé” di Noé Grenier (Francia 2022): il film – come hanno scritto i giudici – “offre un gesto di resistenza al buio che c’è nel mondo, e dà impulso a proseguire la memoria e la persistenza delle immagini in movimento della nostra memoria”. Ci sono state poi due menzioni: ad “Herbaria” (Argentina/Germania, 2022) di Leandro Listorti e a “Festina Lente” (Francia/Tunisia, 2021) di Baya Medhaffar. La giuria giovani ha premiato come miglior film “Tugging Diary” (Hong Kong, 2021) di Yan Wai Yin, “per aver restituito con efficacia il clima di contestazione di Hong-Kong tramite un linguaggio rivoluzionario, caratterizzato dal connubio immersivo tra la ruvidità delle immagini e il lirismo del commento sonoro”, e come menzione speciale – e anche come Premio SNNCI – “Alizava” di Andrius Zemaitis, “un film di fantasmi intriso di realismo che concretizza i sensi nel rito, nelle presenze/assenze che cadono nell’ onirico; per le scelte tecniche evocative di un immaginario sospeso”

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La Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro celebra “l’incredibile importanza del momento”, ricordando Mekas, “insegnando” al pubblico la capacità di leggere le immagini, anche quelle più ostiche. Si sofferma sui silenzi (da riempire e da lasciare vuoti), sulle Storie personali che si incastrano nelle Storie, sulle inquadrature “morbose”, sui mondi reali ed immaginari, sui barlumi di felicità e di bellezza. Elogia il movimento. Celebra la fantasia che è spesso più importante della materia filmica stessa. Lavora sulla memoria frammentando il tempo, sugli aspetti della realtà che sfuggono, su quello che lo spettatore crea dentro di sé a partire dagli stimoli che riceve; mette in scena l’incomunicabilità, le possibilità di alterazione delle logiche spazio-temporali, le “allucinazioni collettive”, le rappresentazioni che vivono di eccessi o di sottrazioni. Esalta l’ironia impegnata del cinema surreale di Quentin Dupieux e si sofferma su quello di Mario Martone che concilia commedia e ontologia. 

Il cinema sperimentale vive di esperienze sensoriali. Di immagini, luci e colori; ma anche di contenuti – da sviscerare o da “tradurre” – di suoni che, legandosi ad alcuni dettagli, permettono di decifrare aspetti complessi di un’opera. 

Pesaro mantiene la sua cifra stilistica e al tempo stesso celebra tutto il cinema, senza distinzione alcuna. Il Nuovo Cinema mette in scena l’“incredibile”, condensa riflessioni in pochi minuti ma permette anche che le cose restino incompiute, persino irrisolte. Perché il Cinema che non indaga ogni suo significato non è incompleto, anzi, “eleva” i suoi significati ad una dimensione differente. Quando una cosa resta incompleta è perché mancano degli elementi o perché è “infinita”? È come scoprire che la vita – come il cinema – non si è esaurisce (ed è, quindi, “infinita”), dopotutto. Le idee vengono fuori in continuazione, e non sempre prendono forma attraverso le parole. La Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, pur mantenendo la sua identità in modo incisivo, non impone mai un’idea di Cinema in maniera settaria. Anzi, omaggia tutto il Cinema – passando da Chris Marker a Peter Kubelka – e lasciando al pubblico la possibilità di vivere i film in modo libero, puro, totale. “Non c’è una soluzione finale”, ci ricorda Jonas Mekas, filmando i suoi diari: la “verità” non è nelle cose, ma nelle “cose viste”, cioè guardate, indagate, desiderate, trasformate.