SCUOLE CHIUSE E I BAMBINI DISABILI? QUANDO I CAMPI ESTIVI NON SONO PER TUTTI…

4

L’anno scolastico finalmente si è concluso e le famiglie possono tirare un sospiro di sollievo perché non faranno più le solite corse mattutine e le lotte continue con i propri figli affinché siano puntuali a scuola; niente più compiti da svolgere fino a tardo pomeriggio; niente più colloqui e soprattutto lo stop di tre mesi di messaggi su WhatsApp di mamme perennemente insoddisfatte, criticone e sul piede di guerra… in conflitto con qualche docente di classe.

Insomma i bambini possono godere delle calde giornate che precedono l’estate piena e quindi le tanto attese vacanze: i mesi di giugno e luglio però sono ancora ”di attesa” per le vacanze di agosto in quanto molti genitori lavorano e di solito le ferie conciliano con le settimane centrali del mese di agosto. Tuttavia, i genitori impossibilitati a seguire i figli per motivi lavorativi, devono necessariamente organizzare questi due mesi, giugno e luglio, per impegnare i propri pargoli in attività ludico/ ricreative, sportive e motorie, creative e musicali, affinché possano stare tranquilli e soprattutto certi che non si annoino, perché non tutti possono contare sulla disponibilità dei nonni soprattutto per tutto l’arco della giornata.

In fondo è giusto che i bambini stiano con i bambini e pensino soprattutto a divertirsi e a giocare, l’anno scolastico comunque è stato lungo e difficile soprattutto freddo e piovoso, ricco di impegni istituzionali e di studio.  Pertanto, i genitori collocano i figli nei centri estivi più rinomati e soprattutto ricchi di attività e di laboratori in cui il proprio figlio possa scaricare le energie accumulate durante l’anno scolastico appena conclusosi.

Anche i bambini disabili terminano il difficile e lungo anno scolastico, il problema dove collocarli e con chi lasciarli, perché entrambi genitori lavorano, è un serio disagio che si crea puntualmente ogni anno e per i tre mesi di pausa estiva. Molti genitori di bambini disabili o con bisogni speciali purtroppo non riescono a trovare un centro estivo, comunale o delle parrocchie o sportivi che possano garantire delle attività individuali e personalizzate, tenendo bisogno delle singole tipicità, livello di gravità della  disabilità del proprio figlio, soprattutto non hanno personale qualificato e il più delle volte si vedono rifiutare l’iscrizione al centro estivo per i propri figli disabili. La situazione è più grave e anche quella più diffusa, riguarda soprattutto la prassi di chiedere ai genitori una quota aggiuntiva rispetto alla retta pattuita per poter usufruire dell’assistente di supporto specializzato, laddove questa figura sia necessaria il bambino per poter garantire un’adeguata frequenza al centro. Il più delle volte la figura manca e tutto si amplifica, creando quella sensazione di frustrazione e dispiacere che già accompagnano le famiglie.

La legge 67 del 2016 sancisce il diritto di chi vive una condizione di disabilità fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, a non essere discriminato e promuovere la parità di trattamento e delle pari opportunità di confronti delle persone con disabilità. Non dovrebbero essere concesse alcune discriminazioni inclusi i centri estivi che dovrebbero consentire la frequenza a tutti, sia pubblici che privati grazie al contributo dei comuni, inserendo all’interno della propria programmazione delle modalità con luoghi e attività accessibili ai bambini disabili: chi non ottempera questo diritto, non solo sbaglia sul piano legale perché commette un illecito ma soprattutto sul piano formativo e personale.

Nessuno può capire ciò che la mancanza di partecipazione può ledere alla serenità di una famiglia e soprattutto la sfera emotiva e psicologica proprio perché un genitore si vede negare al proprio figlio disabile la possibilità di essere trattato come gli altri, la possibilità di partecipare a delle attività ludico ricreative come un gioco che è un momento di integrazione fondamentale con la classica frase di rito “No non c’è posto per vostro figlio. Mi dispiace ma non può venire”!

Un altro aspetto ancor più grave è quando si accetta la partecipazione del bambino disabile in centro estivo e poi lo si ghettizza escludendolo ad ogni forma di attività: lo si tiene seduto in disparte a guardare, quando la cosa più logica sarebbe non solo coinvolgerlo con le attività in cui potrebbe partecipare ma informare e formare le persone intorno, in primis i coetanei per potersi rapportare con la disabilità del compagno.

Una società informata è una società formata e solo grazie ad una formazione permanente e continua, si può sperare di investire in una società veramente inclusiva: investire in termini di “umanità ritrovata e di capacità empatica” che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto relazionale, soprattutto nei campi estivi.

4 Commenti

  1. Leggere questo articolo fa veramente male, non è possibile che per queste bellissime anime, non si riesca a trovare delle soluzioni che a mio avviso non se ne dovrebbe neanche parlare.
    Grazie per queata nuova conoscenza di materia.

  2. Ovviamente mi duole pensare che le.cose sono solo per i normotipo mai per tutti e tutte …

  3. Purtroppo cara dottoressa la nostra società è sempre più esclusiva altro che inclusiva e noi abbiamo le difficoltà con i figli autistici, è tutto sempre più amplificato soprattutto nel periodo delle vacanze estive quando chiudono le scuole e ci troviamo ancor più soli. Lei come sempre con il suo articolo, coglie al centro di ogni bisogno ed è sempre dalla nostra parte … grazie di vero cuore.

Comments are closed.