DENTRO AL CORO

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–   di Adriana Castiello   –   

x DENTRO AL COROSe all’ironica irriverenza della sigla del noto programma Ciao Darwin, condotto da Paolo Bonolis, uniamo la profonda carica visionaria ed introspettiva delle opere del pittore belga Magritte, otteniamo il lucido movimento di immagini e suoni, che rappresenta l’incipit del talk show Fuori dal coro, la cui messa in onda su Rete4 ogni mercoledì sera, risulta distesa all’interno di un unico grande respiro appassionato, sia dello spettatore che del conduttore, il giornalista Mario Giordano.

Una serie di figure in nero avanza decisa e parallela, per poi dedicarsi alla totale immobilità, perfettamente uguali nel loro rigore formale, andando a costituire in studio, una vivente rappresentazione dell’opera d’arte la Golconda.
Quest’ultima si configura nella sua dissacrante neutralità: desidera proferir parola, ma sceglie di custodire il segreto di un sogno o di un incubo, generando un’atmosfera tanto opaca quanto chiara, al punto da rivelarsi inquietante per colui che osserva: non c’è spazio per l’illusione, ma solo per la riflessione.
Golconda è un velo, che incute il timore e la curiosità di venir rimosso, così da scorgere la verità del mondo. Golconda osserva e vuole essere osservato, nutrendo un distillato di rabbia, naturale all’azione e necessario alla reazione.
Golconda sceglie il silenzio per parlare, Fuori dal coro parla e lascia parlare. Una musica dai toni incalzanti e drammatici, segue l’iniziale monologo di Mario Giordano che, parlando direttamente alla videocamera, subito instaura un dialogo con il singolo spettatore, inserendolo attivamente nel dramma principale: la sua esistenza, all’interno di un mondo alla rovescia.

Mario Giordano ascolta con espressione assorta ed angosciata, le parole dei suoi ospiti, piccoli segmenti di grandi problemi, per una sera detentori di meritata attenzione. Non c’è tempo per i convenevoli e per il rispetto di buoniste circostanze, perché ci sono famiglie che conducono una fragile quotidianità di stenti con una pensione di 700€ al mese, mentre ex consiglieri politici del Lazio vedono aumentati i loro vitalizi e diminuito il relativo peso fiscale, perché l’immigrazione è fuori controllo, al punto che l’ultimo sbarco a Lampedusa ha visto l’arrivo di quasi 7000 persone, quanto gli abitanti stessi del comune siciliano, perché una totale accoglienza non coincide con l’integrazione, bensì con la degradazione delle città italiane a bivacchi irregolari ed invivibili, dove furto, spaccio, aggressione, sono all’ordine del giorno e addirittura fonte di ispirazione per la cultura della violenza, che solo in un mondo alla rovescia non viene considerata per ciò che è, dolore e orrore, come dimostra la morte del giovane ventiquattrenne Giambattista a Napoli, per mano di un sedicenne armato, a piede libero, nonostante i precedenti reati di furto e tentato omicidio.

Questi, solo alcuni dei servizi proposti durante l’ultima puntata del programma, che spazia da temi di attualità a temi di politica ed economia, muovendosi attorno ad un unico perno: l’ascolto e la divulgazione, in cui non vi è l’ombra del giudizio. Vengono presi dati alla mano e la realtà si distende in quanto tale, perché per amare la verità, non servono etichette ed orientamenti, bensì ragionevolezza e presenza. Sono tutti questi freni di derivazione morale ed
ideologica, che impediscono alla repressione di essere esercitata nelle forme necessarie. L’assenza del pugno duro rappresenta il vero terrorismo etico in atto. Il divario che ne è causa e conseguenza, viene mostrato senza alcuna aspettativa, confermando il pensiero del filosofo danese Kierkegaard, secondo il quale, se la folle fosse ben guidata, non sarebbe più folla. Trovano così luogo fertile altre forme di terrorismo, climatico e mediatico, la cui linfa è una pseudoscienza, che sostiene la narrativa comune e genera timore. La biologa clinica e virologa Maria Rita Gismondo, invitata ad esprimere la sua opinione riguardo i nuovi contagi del Covid, con atteggiamento sereno, sostiene la necessità di un comportamento prudente, ma senza paura, spesso invece sfruttata come strumento. È la natura disinteressata di questi pareri, a sottolineare la mancanza di una direzione di orientamento ed intenzione nelle fila del programma.

Ognuno ha il suo spazio e lo spettatore ne diviene semplicemente conscio, con la possibilità di maturare una propria opinione al di là di ogni confine di propaganda. Il clima che regge ed anima Fuori dal coro, risulta nettamente parallelo alla statica cerchia realizzata da Lilli Gruber all’interno della trasmissione Otto e mezzo. Quest’ultima, ha una durata di gran lunga inferiore al programma in prima serata di Giordano e consta infatti di un confronto di cinquanta minuti sui temi di attualità più in voga del momento, dibattuti tra alcuni ospiti, con esiti talvolta confusionari e ridondanti, in cui sembra non ci sia una reale considerazione ad una sana ed obiettiva istruzione dello spettatore, che si ritrova distante da un gioco di idee svolto a tavolino
ed è proprio lì, lontano dai suoi occhi, che vengono stabilite le regole.

La Gruber si è posta in antitesi a Mario Giordano, sostenendo che non sia un suo collega, ergendosi su un piedistallo costruito su una professionalità distaccata e soprattutto, finta. Non si può certo considerare propriamente professionale l’atteggiamento del conduttore di Fuori dal coro, ma almeno l’ironia, resta l’occhio sicuro che sa cogliere lo storto.