“TEOREMA” DI PIER PAOLO PASOLINI E “LE BACCANTI” DI EURIPIDE: REINTEGRARSI NELLA PROPRIA IDENTITÀ

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  di Mariantonietta Losanno 

IMG 2700 300x162 “TEOREMA” DI PIER PAOLO PASOLINI E “LE BACCANTI” DI EURIPIDE: REINTEGRARSI NELLA PROPRIA IDENTITÀ

“Teorema” venne girato a Milano, “la città più europea d’Italia”, quella dove la borghesia ha un volto più compatto, e più aggiornato. Anche se, da come si legge in un’intervista del 1966, inizialmente doveva essere ambientato a New York. Pier Paolo Pasolini quella classe sociale – o persino, quella malattia – la dipinge così: nelle sue orrende convenzioni, nei suoi orrendi principi, nei suoi orrendi sorrisi. In tutto quell’orrore può realizzarsi il teorema. L’idea alla base è quella di una visita, che si presenta sotto forma di apparizione. Si tratta di Dio, sotto le spoglie di un giovane enigmatico, che conquista (carnalmente) un’intera famiglia: il padre industriale, la madre, i due figli, la serva Emilia. E poi sparisce, generando in tutti una crisi: il padre donerà agli operai la sua fabbrica, si spoglierà nudo tra i binari della Stazione Centrale di Milano; la serva, emblema del candore e dell’assoluta identificazione del divino, salirà in cielo e dalla sua tomba scaturirà una fonte d’acqua benedetta. 

Seguirono contestazioni dopo che il film venne presentato alla 29esima Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia nel settembre 1968: “Teorema” sconcertò per il contenuto, definito osceno. Tra gli spettatori, uno d’eccezione, Jean Renoir, che rispose ad un giornalista: “À chaque image, à chaque plan, on sent le trouble d’un artiste”. Turbamento (o, forse, potremmo definirlo una “follia sacra”) che si riscontra ne “Le baccanti” di Euripide. Ed è come se Terence Stamp e Dioniso si legassero, in un’ipotesi immaginaria, e rappresentassero – entrambi – l’idea della perdita del sé, che viene distrutto e, per questo, necessita di essere ricostruito. Perché quando si impara a conoscere la propria “intima e angosciosa natura”, non si riesce più a vedere nulla che possa aiutare a reintegrarsi nella propria identità. In questo modo, allora, viene distrutta l’idea che possediamo di noi stessi. In questo conflitto tra ragione e irrazionalità, ci si appropria di una forma diversa e esaltante di conoscenza. Alterata, superiore, profonda. Ed è in questa follia che l’anima si potenzia. Rinunciando a vivere nel “vuoto”, quello che caratterizza la vita della Lucia di Pasolini, espressione di quel male borghese che è in grado di assorbire ogni contraddizione. La dissoluzione dell’identità può essere, forse, concepita come un accrescimento della personalità? Una “follia sacra” che si può intendere come liberazione da ogni costrizione, che non per forza disorienta ma rende consapevoli? 

%name “TEOREMA” DI PIER PAOLO PASOLINI E “LE BACCANTI” DI EURIPIDE: REINTEGRARSI NELLA PROPRIA IDENTITÀIl tema dell’irruzione caratterizza sia “Teorema” che “Le Baccanti”: la conseguenza è – inevitabilmente – la perdita di un equilibrio. Un’intrusione fisica, ma anche e soprattutto ideologica. Ed è presente, poi, in entrambe le opere, un’idea di castigo: Dioniso punisce Tebe per averlo rinnegato, Terence Stamp “aggredisce” la famiglia borghese e i suoi riti. L’arrivo di questi due personaggi è devastante, perché fa crollare un ordine consolidato, smascherandolo. In modo sovversivo, brutale, potente.  Ed è proprio l’urlo di “Teorema”, (con cui si chiude la pellicola di Pasolini), espressione di ambiguità e sentimenti liberatori, a rappresentare a pieno quella lotta tra eros e religiosità che contraddistingue entrambe le opere. Lotta che mette in campo forze contrapposte, e che conduce ad un nuovo modo di osservare. I termini ricorrenti ne “Le Baccanti”, infatti, sono proprio le diverse sfumature del vedere, apparire, sembrare, nascondere. Vocaboli che si riferiscono alla trasformazione dei soggetti, e alla realtà “accecata” dal caos. “Non riesco più a riconoscere me stesso, perché quello che mi faceva uguale agli altri è distrutto”: Pasolini, attraverso i suoi personaggi, focalizza l’attenzione su quei valori falsi e meschini che orientano tante persone. E che, ancora, le accecano. 

Si può dire che siano la passione e le ideologie a guidare l’analisi de “Le Baccanti” e di “Teorema”. A conferma di questo, nella prefazione di “Passione e ideologia” (1960) di Pasolini, Alberto Asor Rosa ha scritto: “Questo “e” non vuole costituire un’endiadi (passione ideologica o appassionata ideologia), né una concomitanza, ossia “passione e nel tempo stesso ideologia”. Vuol essere, invece, se non proprio avversativo, almeno disgiuntivo, nel senso che pone una graduazione cronologica: “prima passione e poi ideologia”, o meglio “prima passione, ma poi ideologia”