“L’INNAMORATO, L’ARABO E LA PASSEGGIATRICE”: LA COAZIONE A RIPETERE

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di Mariantonietta Losanno

%name “L’INNAMORATO, L’ARABO E LA PASSEGGIATRICE”: LA COAZIONE A RIPETERE«Un processo incoercibile e di origine inconscia, per cui il soggetto si pone attivamente in situazioni penose, ripetendo così vecchie esperienze senza ricordarsi del prototipo», spiega Freud sulla coazione a ripetere. Il termine, quindi, fa riferimento alla costrizione ad agire, a pensare e a mettere in atto comportamenti che riproducono sistematicamente un disagio, tali da assicurare una certa dose di infelicità. Alain Guiraudie mette in scena un’accumulazione – mimetica – di gesti di tre personaggi (un innamorato, un arabo e una passeggiatrice, che acquisiscono l’articolo determinativo e diventano la traduzione del titolo originale Viens je t’emmène, che è letteralmente “Vieni, ti ci porto io”): Médéric, Isidora e Selim. Siamo a Clermont-Ferrand, una cittadina della provincia francese improvvisamente sconvolta da un attentato terroristico.

Ognuno dei tre personaggi segue il proprio copione, reiterando le stesse azioni. Médéric corre ogni giorno, sfoga lo stress fumando, telefona alla polizia quando non vede via d’uscita. Isidora lavora nello stesso albergo, si attiene alle regole imposte dal marito (che è anche il protettore) e appena prova a violarle subisce la stessa punizione, più o meno violenta. Selim cerca un posto per dormire recandosi nello stesso palazzo, dove ogni volta viene accolto da una persona diversa. Le tre traiettorie, ad un certo punto, si incastrano; prima quella di Médéric e Isidora, poi quella di Selim e Médéric e infine quelle di tutti e tre. La spirale apparentemente confusionaria è, in realtà, un gioco di equivoci ed isterismi che divertono, nonostante il totale disinteresse verso il mondo circostante, che rimane sullo sfondo come se desse quasi fastidio. L’attentato viene annunciato nel momento sbagliato, così come le continue irruzioni del marito di Isidora spezzano la metodicità delle azioni e creano ulteriori nevrosi. I tre personaggi – espressioni di tre diversi stati emotivi – ripetono in maniera compulsiva esperienze che contraddicono la tendenza all’appagamento del desiderio (il cosiddetto “principio del piacere”), ritrovandosi – sistematicamente, ancora – in una condizione di frustrazione. Sensazione che condivide anche lo spettatore, impegnato a districare le fila di una riflessione in cui alle tensioni sentimentali si innestano quelle sociali e che trova piena realizzazione nel suo essere irrisolta, comprensibile – e condivisibile – solo parzialmente.

%name “L’INNAMORATO, L’ARABO E LA PASSEGGIATRICE”: LA COAZIONE A RIPETERELa filmografia di Alain Guiraudie, infatti, è caratterizzata da questo binomio tra concreto ed inconscio, capace di tenersi in sospeso tra le due “soluzioni”, senza ricorrere necessariamente né all’una né all’altra. Ne L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice si (ri)presentano le caratteristiche del suo cinema: l’erotismo (in alcuni casi morboso, ma dettato da un desiderio personale del regista e da una reazione politica contro l’esempio di “bellezza suprema” imposta da corpi giovani, magri e muscolosi), la dimensione del sogno che consente alla temporalità di mantenersi indefinita, spesso priva di segni identificativi (viene fatto appena cenno al lavoro di Médéric, come se la cosa non fosse rilevante), i rituali scanditi da atti sempre uguali che trasformano i personaggi in pedine. E, ancora, la violenza che viene analizzata in chiave persino ironica, come per quanto riguarda l’attentato terroristico che “può aspettare” se si è impegnati in altro. Il vero scandalo è proprio questo, oltrepassare le convinzioni, trattare le complessità in modo giocoso e irriverente, servirsi della commedia per ragionare sulla paranoia, sulla paura e sulla sfiducia in chiave inedita e surreale. A Guiraudie per mettere in scena le sue ossessioni bastano tre personaggi, non quattro come sono serviti a Greenaway ne Il Cuoco, il Ladro, sua Moglie e l’Amante.