I COSTI DELLA RIVOLUZIONE GRILLINA

0

d anna disegno piccolo 150x150 I COSTI DELLA RIVOLUZIONE GRILLINA

   

–   di Vincenzo D’Anna*   –                                                                     

Vi fu un tempo in Italia, nell’immediato dopoguerra, in cui il ceto politico era perlopiù composta da uomini di levatura e di spessore morale elevatissimi. Si trattava di gente che aveva sofferto i rigori imposti dalla dittatura fascista: carcere, esilio e, nel caso del leader socialista Giacomo Matteotti, anche l’omicidio. A volerli paragonare con la compagnia di guitti che calca il palco della politica di questi ultimi anni, cadrebbero le braccia dallo sconforto. Certo ogni epoca è segnata e caratterizzata dalla qualità degli uomini sulle cui spalle poggiano le idee ed i valori di riferimento, ed è legge della natura che le cose cambino radicalmente con il trascorrere del tempo. Sotto le mentite spoglie di un progresso socio economico incipiente sfugge, ai contemporanei, ogni termine di paragone con il passato: una cecità politica e culturale che nasce dall’illusione che la modernità sia di per se stessa capace di migliorare la qualità della vita ed il suo intrinseco valore. Così non è, purtroppo, e l’illusorio miraggio che il mondo sia migliorato in assoluto testimonia, falsamente, che sia migliorata automaticamente anche l’umanità. La politica è un ambito che non fa eccezione, soprattutto in una nazione come la nostra, fatta di contemporanei che non conoscendo la storia passata, ritengono di non aver termini di paragone. Uno degli uomini che giganteggiarono in quell’epoca fu Pietro Nenni che citiamo per riportarne un aneddoto. Costui infatti riteneva che il potere corrompesse per la semplice ragione che nella stanza dei bottoni c’è sempre una cassaforte!! Il potere quindi è corrosivo per menti impreparate ed animi poco saldi perché con esso arriva anche il fumo tossico: ossia l’incenso sparso dagli adulatori unito al maneggio del pubblico denaro. Per un uomo abituato a definire la missione della politica come la “possibilità di portare avanti coloro che sono nati indietro”, gli elementi costituenti del potere erano considerati “male bestie” da tenere a bada. Rivoluzione come emancipazione sociale e redenzione dal bisogno, questo il portato Nenniano. Se oggi dovessimo scegliere un partito che si definisca “rivoluzionario” non potremmo che pensare agli albori del Movimento Cinque Stelle allorquando sotto la spinta della protesta popolare, i grillini pretesero di ergersi a moralizzatori del sistema politico ed istituzionale uscito malconcio dalla vicenda di Tangentopoli, per  infognatosi  subito dopo in una guerra senza esclusione di colpi per liberarsi dall’ossessione del Cavalier Berlusconi che batteva regolarmente i candidati di una sinistra che pur si riteneva ormai padrona del campo. Un clima d’odio senza esclusione di colpi che alla fine delegittimò tutta la politica, aprendo progressivamente le porte all’ondata qualunquistica che si concretizzò attraverso il turpiloquio di piazza del guru Beppe Grillo condito con le mire filosofiche-affaristiche di Gianroberto Casalegno maestro dell’uso del web e della comunicazione social. Come sia andata a finire è sotto gli occhi di tutti con il naufragio del famoso moralismo rigido e del giustizialismo intransigente dei grillini. Un’eredità, quest’ultima, finita nelle mani prima di un gruppetto di giovani discepoli ambiziosi e poi di quelle di un azzimato avvocato del popolo, al secolo Giuseppe Conte. Partendo dalla pretesa di poter sconfiggere la povertà i 5 Stelle riesumarono tutte le forme di assistenzialismo clientelare imperniate attorno al reddito di cittadinanza. Un semplice espediente per elargire sussidi a 360 gradi, così da risultare il partito più votato alle politiche, assurgendo al governo con Conte ben due volte con maggioranze di segno diametralmente opposto. Un trasformismo epocale per la storia dei governi repubblicani. Quando si ritrovarono a Palazzo Chigi, prima con i leghisti, poi con la sinistra dem, i grillini diedero vita a provvedimenti scellerati sotto il profilo della spesa pubblica. Oltre al reddito di cittadinanza, seppero sprecare infatti oltre 400 milioni di euro per l’acquisto dei famosi banchi a rotelle (poi rottamati!!) fino all’apogeo del superbonus, sperpero allo stato puro, con il provvedimento che finanziava la ristrutturazione edilizia ed il cui costo è stato stimato dalla Banca d’Italia in oltre cento miliardi di euro!! Ebbene, proprio a causa di questi scellerati provvedimenti, il rapporto tra debito (1.800 miliardi di euro) e PIL è schizzato alle stelle insieme con gli interessi passivi che gravavano sullo Stato. Insomma: una catastrofe di cui ancora oggi si stenta a definire l’esatta dimensione. Eppure l’avvocato del popolo, sia pur ridimensionato nel consenso post reddito di cittadinanza, ancora imperversa in tv V per chiedere al governo Meloni nuovi e più cospicui sussidi!! Anzi, l’ex premier allarga il campo lavorando all’intesa con il partito democratico di Elly Schlein anch’ella dedita ad utilizzare quell’intruglio fatto di assistenza clientelare ed intervento dello Stato in economia. Insomma: un’allegra brigata di “altruisti” che, come noto, si dicono tali perché…fanno beneficenza con i soldi degli altri!!

*già parlamentare