SISTEMA PARNASI, SPUNTA UN ALTRO MOLISANO NELLE INTERCETTAZIONI DELL’INCHIESTA PIÙ GROSSA DEGLI ULTIMI TEMPI

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di Carla Ferrante

Luca Parnasi SISTEMA PARNASI, SPUNTA UN ALTRO MOLISANO NELLE INTERCETTAZIONI DELLINCHIESTA PIÙ GROSSA DEGLI ULTIMI TEMPI
 Luca Parnasi

Resta in carcere l’ex amministratore unico di Eurnova, l’imprenditore romano Luca Parnasi. A deciderlo il giudice per le indagini preliminari Maria Paola Tomaselli, che non concede i domiciliari al Parnasi, accusato tra gli altri dei reati di associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta.

La decisione del Gip è legata al fatto che per Parnasi non sono cambiate le esigenze cautelari, nonostante la Procura, dopo l’interrogatorio fiume, durato ben 11 ore, dinanzi ai pm di piazza Clodio, si era espressa in modo favorevole alla scarcerazione. Dunque di Rebibbia porte ancora chiuse per il manager romano, balzato agli onori delle cronache con l’esplosione del “sistema” ideato e messo in atto dal deus ex machina Parnasi.  La parola passa ora alla Cassazione. Il prossimo 11 luglio si terrà l’udienza davanti ai giudici del Palazzaccio. Il sistema Parnasi, un po’ come allora fu per Mani Pulite, ha tirato in ballo poteri forti e ha scoperchiato un groviglio di corruzione e tentativi di corruzione, incentrati – manco a dirlo – attorno al solito Dio denaro. Una rete di intrallazzi in cui è finito anche il Molise, di struscio forse. La piccola regione viene diverse volte menzionata dall’ex Ad di Eurnova Luca Parnasi, che dalle intercettazioni pare essere amico di Nunzio Luciano, Presidente della Cassa Forense, che è stata così coinvolta nell’ampia inchiesta denominata Rinascimento. Sono proprio i fogli 259 e seguenti delle trascrizioni integrali che mostrano il rapporto di amicizia. È lo stesso Parnasi che gli dice “posso dirti una cosa da amico?” I due si incontrano “al solito posto”, un bar che pare si trovi nei pressi della Cassa forense.

Tra Parnasi e Luciano spunta un altro nome tirato in ballo dai due, che però pare sia passato in sordina, soprattutto in Molise, dove la vicenda parrebbe ormai acqua passata, nonostante nella capitale, ma soprattutto nell’Avvocatura italiana, il tutto faccia ancora un certo rumore. Dalle intercettazioni Parnasi dialoga con il “famoso” Bisignani e a quest’ultimo riferisce che Nunzio Luciano (anche vice presidente della Cassa dell’ordine dei medici) ama la politica “gli piace la politica, gli piace da morire, lui vuole diventare parlamentare… però mantenendo il ruolo di presidente della Cassa degli avvocati e concordano di sponsorizzare la campagna elettorale a Luciano nelle scorse elezioni politiche. Un favore secondo Parnasi, sempre intercettato, che Nunzio Luciano avrebbe poi dovuto restituire con la Cassa. In realtà è opportuno precisare che c’è stato soltanto il tentativo di corruzione ma non esiste nessuna prova in tal senso. Intanto Parnasi e Bisignani concordano che lo stesso Bisignani avrebbe dovuto accompagnare Luciano da Gianni Letta, per farlo “battezzare”, affinché ottengano dal presidente della Cassa, lealtà per sempre. Di lui Parnasi ne parla con Bisignani come “Una persona velocissima, amica”.

A puntare il dito contro Luciano e contro la gestione delle vicende riguardanti la Cassa Forense finite nell’inchiesta, è il segretario nazionale dell’associazione politica forense “Nuova Avvocatura Democratica”, l’avvocato del foro di Napoli, Salvatore Lucignano.

salvatore lucignano SISTEMA PARNASI, SPUNTA UN ALTRO MOLISANO NELLE INTERCETTAZIONI DELLINCHIESTA PIÙ GROSSA DEGLI ULTIMI TEMPI
avv. Salvatore Lucignano

Avvocato Lucignano, dalle intercettazioni vengono fuori rapporti di amicizia, di conoscenza, di relazioni, ma anche intrecci tra politica e carriere. Come sono stati scelti gli interlocutori del sistema Parnasi dallo stesso Parnasi?

Il quadro che abbiamo potuto valutare è purtroppo molto chiaro e non dissimile da quello che da troppi anni inquina pesantemente la vita politica ed economica del nostro paese. Una certa imprenditoria è stata sempre in corrispondenza di amorosi sensi con la politica e i grossi enti di gestione di capitali. Parnasi, sotto questo aspetto, non rappresenta né una novità, né un’anomalia per l’Italia del dopoguerra.  Ad essere anomalo semmai è un sistema che non riesce ancora a superare queste forme di affarismo relazionale, per selezionare finalmente merito, trasparenza ed indipendenza.

La vicenda che ha visto anche il coinvolgimento di Nunzio Luciano  è  ancora oggetto di indagine da parte della magistratura.

Il quadro indiziario conferma quanto sia “appetibile” la Cassa Forense per l’economia e per affari che movimentano una buona parte del pil italiano. Quali sono state le reazioni dell’avvocatura italiana di fronte alle notizie di stampa trapelate in questi giorni?

L’avvocatura italiana, nel suo complesso, è apparsa distante e poco interessata alla vicenda, archiviata dai più, dalle istituzioni forensi e dalle voci allineate, come un mero tentativo di corruzione non andato in porto. Diversamente, tra l’avvocatura libera e quella di base, più ostile al sistema di investimenti della Cassa Forense e più attenta a rilevare fenomeni di malcostume politico, la vicenda ha visto alcune voci critiche levarsi in modo puntuale, tra cui sono fiero di annoverare quella di Nuova Avvocatura Democratica.

Dall’interno della Cassa Forense dunque non vi è stata alcuna reazione ai fatti?

A quel che mi consta, nulla di veramente significativo. Incredibilmente, nonostante il Comitato dei Delegati di Cassa Forense abbia avuto a disposizione le intercettazioni che rilevavano la contiguità tra Luciano e Parnasi, le conversazioni che passavano dal futuro dell’ente previdenziale a quello professionale del suo Presidente pro tempore, l’istituzione ha reagito con il solito atteggiamento: fare da muro di gomma alle critiche ed alle richieste di chiarimento, chiudendosi a riccio di fronte ai gravi problemi politici di cui si dovrebbe discutere. L’unico fatto degno di nota è purtroppo affidato a rumors, che non posso confermare, dai quali risulterebbe che i comportamenti di Nunzio Luciano abbiano indotto ben sei avvocati italiani a denunciare al Comitato di vigilanza di Cassa Forense le presunte violazioni del codice etico addebitabili al n. 1 di Via Quirino Visconti.  

Dalla lettura delle intercettazioni spunta un nome che al Molise sembra molto familiare. Nicola Lucarelli che viene tirato in ballo dal Presidente Luciano e dall’imprenditore Parnasi. Che rapporti ci sono tra i due? Che ruolo ha Lucarelli nel rapporto tra Parnasi e il presidente Luciano?

Anche su questo aspetto mi sarei aspettato che fosse stato il Presidente Luciano a fare ampia chiarezza. Se infatti Lucarelli fosse un alter ego di Luciano, un avvocato incaricato di gestire, anche per conto del Presidente di Cassa Forense, quegli incarichi professionali ottenuti per mezzo di entrature legate all’incarico ricoperto, ci troveremmo di fronte ad un fatto che potrà non avere alcuna rilevanza penale, ma assume senza dubbio profonda valenza, etica e politica. Se, come pare, il Parnasi all’epoca dei fatti per cui si indaga ebbe ad assegnare uno o più incarichi professionali al Lucarelli, sarebbe fondamentale chiarire se ciò fu fatto in ragione delle sue doti professionali o con la speranza di ricevere in cambio un comportamento favorevole, messo in atto dal Presidente Luciano. 

Avvocato, perché al tentativo di corruzione che emerge dai fatti e che peraltro nemmeno Nunzio Luciano sembra negare,  il Presidente non fece seguire alcuna denuncia?

E’ quello che, da avvocati e da cittadini, ci chiediamo in molti. Ciò che è divenuto di pubblico dominio, al di là di valutazioni sulla rilevanza penale dei fatti, mostra in modo incontrovertibile che il Parnasi ed il Luciano ebbero una frequentazione assolutamente inopportuna, irrituale, per modalità e circostanze. Non ci vuole un genio per capire che i discorsi di Parnasi sulla “capitalizzazione” dei restanti anni di Presidenza di Cassa Forense per il Luciano, fossero tesi ad acquisirne un operato favorevole. A nulla rileva che la Cassa Forense non abbia effettivamente erogato fondi utili ai progetti del Parnasi. Il Presidente non avrebbe mai dovuto accettare di discutere degli affari della Cassa in un bar sotto Cassa. Il Presidente avrebbe dovuto impedire qualsiasi allusione alle sue condizioni economiche e personali, nel corso di colloqui volti a valutare la fattibilità e la redditività di investimenti operati dalla Cassa. In ultimo, una volta apparso chiaro che il Parnasi volesse ottenere favori dal Luciano, prospettandogli in cambio utilità economiche, dirette e mediate, il dovere etico e politico del Presidente sarebbe stato quello di interrompere ogni interlocuzione, allontanando il  soggetto e denunciando il tentativo di “ammorbidimento” subito. Tutto questo, perlomeno da quanto è dato evincere dalle intercettazioni a cui facciamo riferimento, non si è verificato. Resta da capire il perché ciò non sia avvenuto, ma temo di non essere la persona giusta per poter dare risposta a questa domanda.

Seguono aggiornamenti…