Will Hunting (Matt Damon) è un ragazzo incredibilmente intelligente e acuto, ma con gravi problemi comportamentali e una propensione alla violenza e all’aggressività. Vive in modo precario, combina guai, non riesce ad interagire con nessuno eccetto che con i suoi amici più stretti.
Una sceneggiatura originale scritta a quattro mani – Matt Damon e Ben Affleck – e Gus Van Sant alla regia. “Will Hunting” è un’opera introspettiva, che scava nei meandri della mente umana, facendo emergere fragilità e turbamenti. Will, grazie alla psicoterapia, impara a superare la paura dell’abbandono per lasciarsi coinvolgere dalle emozioni e provare ad amare e fidarsi. Le scene più intense del film sono proprio quelle che riguardano la relazione terapeutica tra Will e il suo psicologo (interpretato da Robin Williams): tra momenti di rottura e confronti aggressivi, tra i due si instaura un rapporto salvifico che porta Will ad avere il coraggio di instaurare relazioni. La pellicola, dunque, può essere anche oggetto di discussione sulla valenza della psicoterapia, e di quanto il confronto con un psicologo possa aiutare a sviscerare a fondo dei concetti di cui si ha timore di affrontare. Will è un personaggio con cui si può facilmente empatizzare: ci si può ritrovare nelle sue debolezze, in quelle ferite mai guarite che si porta dolorosamente dentro. Proprio per questo, quella di “Will Hunting” è una storia semplice e incisiva, che spinge a riflettere e che permette allo spettatore di sentirsi vulnerabile, di mettersi in gioco e di affrontare i propri drammi interiori.
Quello che potremmo definire film motivazionale: “Will Hunting” è la dimostrazione che affrontando la realtà e accettando la sofferenza, si trova la forza di andare avanti. Mettere a fuoco questo “insegnamento” non è di certo un compito facile per lo spettatore. Quello che “Will Hunting” crea è una lezione di cinema utilizzando solo due poltrone e un grande approfondimento dei personaggi. E la magia di quest’opera sta anche nell’evitare volutamente frasi ad effetto, banali romanticismi o situazioni di coppia già viste. Nessuno si salva da solo, e non serve a nulla costruirsi delle barriere perché in passato abbiamo sofferto. La condivisione, il sapere ascoltare e comprendere l’altro sono tutti temi che “Will Hunting” insegna in modo diretto senza sentimentalismi superflui: la scommessa Damon-Affleck all’esordio alla sceneggiatura risulta indubbiamente vinta. “Will Hunting” è un’opera potente, che colpisce e che consente al pubblico di concedersi la possibilità di mostrarsi fragili ma autentici. Un film da (ri)vedere e (ri)scoprire. L’opera di Gus Van Sant concede al pubblico un’occasione per emozionarsi. La musica intimista di Elliott Smith dà maggiore profondità ad alcune delle scene più significative del film.
Mariantonietta Losanno