ALLE ORIGINI DEL MALE. LA PAROLA AD UN ESPERTO: ALESSANDRO SCORCIARINI COPPOLA – VII puntata

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      –      Domande di Francesca Nardi     –               

Ed è proprio quel rituale, quasi persecutorio, “avrebbe potuto essere e non è stato ” che oggi induce a riprendere un percorso interrotto e soltanto più avanti nel tempo, quando l’opera di disboscamento sarà quasi alla fine ed il sole avrà iniziato a penetrare l’ombra scura e densa dell’ultimo ostacolo, filtrando lungo le siepi ammassate, le foglie ammucchiate, quando il suo calore avrà arso il respiro greve della sconfitta oscura…solo allora…ci fermeremo e chiederemo conto al tempo e alla sorte del perché non sia successo…

Dottor Scorciarini Coppola, al di là del suo disincanto, si avverte senza possibilità di errore, che la passione che l’ha sostenuta e guidata per anni, portandola a prodigarsi in favore del comparto bufalino, attraverso i suoi studi e la sua collaborazione, peraltro ci risulta svolta a titolo gratuito, non sia affatto spenta ed anzi, arda come un fuoco sotto la cenere, pronto a divampare alla prima occasione intelligente e costruttiva che il tempo o il destino potrebbero sottoporle. Lei parla di un piccolo gruppo di allevatori “eletti” che forse…chissà …a suo parere potrebbero rappresentare la nuova frontiera di ciò che ieri volutamente si è voluto ignorare? 

%name  ALLE ORIGINI DEL MALE. LA PAROLA AD UN ESPERTO: ALESSANDRO SCORCIARINI COPPOLA   VII puntata“La ringrazio per le considerazioni e per l’apprezzamento nei miei confronti ma questo va esteso anche agli altri componenti della squadra e ai sacrifici economici che hanno sostenuto, perché hanno creduto in ciò che facevano. Li ha mossi la passione senza che nessuno del comparto si sia mai preoccupato di offrir loro un sostegno. Una vergogna della quale in qualche puntata mi piacerebbe parlare. Dopodichè, sarà d’accordo con me che l’esperienza è la madre di tutte le cose e dovrà riconoscere che ciò che lei affettuosamente auspica, non solo per me ma per l’incremento del PIL e della occupazione nel territorio, non dipende dalla mia persona ed è molto improbabile che possa essere sollecitato e richiesto da chicchessia, tanto più che se non si è voluto fare nulla allora, quando c’erano tutte le condizioni favorevoli per fare, non vedo come lo si possa fare oggi. La passione e le fantasie di desiderio sono una cosa, il capitale umano, sul quale dovrei fare di nuovo conto, un’altra. C’è paura a investire, timore a crescere anche se il rischio d’impresa non c’è o è molto limitato. Ci si contenta del poco, secondo quel vecchio proverbio dimenticando che ci troviamo nell’era della globalizzazione e i numeri piccoli non possono reggere i mercati. Persino la Ferrari non è più autolimitata come faceva un tempo e sforna 10mila e più vetture l’anno. Nemmeno io potrei dire dove si sarebbe potuti arrivare. 20mila occupati in più, 500 miliardi in più di fatturato? O numeri anche maggiori. Sono questi gli aspetti che il comparto ignora o non vuol sentire. Devo ricordare quel che ho affermato in una precedente puntata e cioè che, a quel tempo, ho avuto vicini tecnici di valore come Giuseppe Consalvo e Augusto Merola, esponenti del mondo industriale e cattedratici universitari come il Professor. Giovanni de Franciscis ma di allevatori e titolari di caseifici, quando la stessa persona non incarnasse entrambi i ruoli, proprio pochi. Il già ricordato Michele Pannullo che oggi si occupa di altro e i per me, particolarmente cari, Ugo Jemma e Onofrio Piccirillo, da tempo scomparsi, i soli che si mostrarono veramente interessati a ciò che stavamo portando avanti, quindi, alle analisi di laboratorio, alle prove di allevamento per produrre carne, agli esperimenti su tempi e modalità di frollatura delle carni, alle ricerche condotte e pubblicate in collaborazione con le Facoltà di Medicina Veterinaria di Perugia e a quella di Napoli, nella fattispecie col profesore Federico Infascelli, alle sperimentazioni della industria dei salumi e della trasformazione della carne di cui ho già detto. Gli altri partecipavano solo ai convegni. Ugo Jemma, Giovanni de Franciscis, Onofrio Piccirillo, le grandi e indimenticabili personalità del settore che hanno creato questo comparto quasi dal nulla, una volta terminata la Guerra Mondiale, con le quali mi sono formato, che mi hanno insegnato tutto e trasmesso la passione. Per illustrare ciò che in termini economici e occupazionali si è perso, dedicheremo magari una puntata anche per elencare e illustrare i prodotti, alcuni dei quali in prototipo, che furono realizzati e che sarebbero potuti andare in produzione. L’esempio che il progetto sia realizzabile, sostenibile e redditizio, è rappresentato da ciò che ha messo in piedi colui che definisco il Numero 1 del comparto bufalino. Questi è l’avvocato Giuseppe Iemma. Opera a Latina con una competenza e una mentalità imprenditoriale sconosciute a gran parte del comparto ma da solo non è potuto andare oltre ciò che ha fatto perché è appunto necessario un progetto di comparto. Ho gradito molto la domanda che mi ha posto perché mi da l’occasione per ricordare che qui non stiamo disquisendo di Storia, di Politica o di Filosofia, materie dove esistono le opinioni e, sopratutto, le ideologie, i preconcetti ecc. per cui tutte le affermazioni possono essere legittime da un punto di vista e opinabili da un altro. Quello che sto raccontando io si basa, al contrario, su un approccio e una condotta scientifica, non sulla cabala o sulla cartomanzia. Riporto la frase di un noto economista, l’On. Antonio Martino, che dice ” Se hai torto continuerai ad avere torto anche quando gli altri ti daranno ragione. Ma se hai ragione continuerai ad avere ragione anche quando tutti ti diranno che hai torto”. Posso aggiungere che, nello specifico caso, né a me né a nessuno della squadra è stato mai detto e dimostrato che avessimo torto, devo ritenere per evitare un imbarazzante confronto. Il lavoro che abbiamo svolto fonda su numeri e dati scientifici e non su opinioni o fantasie, semmai, perché no, sulle intuizioni che hanno rappresentato e mosso il punto di partenza. Da ricercatore, quale sono stato, uso prudenza e ho sempre parlato solo quando ho avuto delle evidenze e ogni affermazione ha dietro di sé il lavoro di molte persone. Un lavoro che, ribadisco, ha fornito dati, numeri e certezze con le quali riuscii a demolire ogni fandonia e diceria fino ad allora narrate sulla carne bufalina, a partire dall’odore e sapore sgradevoli, di selvatico, che è falso, per passare agli animali che mettono meno peso dei bovini a parità di alimentazione, che è altrettanto falso e così via potrei andare avanti. Semmai scoprimmo pure quello che non ci si aspettava di scoprire come il fatto che la carne bufalina si presti alla trasformazione in salumi, sopratutto non insaccati, cioè a pezzo intero, tipo bresaola, e che i bufali maschi allevati allo stato selvatico in una fitta boscaglia sono una sorta di “operatori ecologici” come li definì Giuseppe Consalvo in quanto si cibano solo della vegetazione bassa, non intaccano la vegetazione nobile, gli alberi, contro i quali non vanno neppure a grattarsi come fanno altre specie animali rovinando le corteccie, questo perché i bufali sono molto resistenti ai parassiti della pelle, letamano il terreno, cioè concimano il suolo, creano interesse economico e con esso presidio umano a tutela dagli incendi, dal dilavamento e dal degrado del bosco e dell’Appennino oggi sempre più abbandonato e spopolato per un ritorno alla vita e al lavoro per tanti in montagna, per il recupero e il ripopolamento di paesi ormai abitati solo da vecchi e la conseguente decongestione delle aree urbane. Una visione che propongo e colloco tra il New Deal americano, l’Autarchia Verde italiana e l’Economia Verde o Green Economy di cui oggi tanto si parla. L’attualità vede una maggiore sensibilità e attenzione partecipata nei confronti dell’ecologia e delle risorse rinnovabili. La teoria che si concretizza in un progetto del bufalo come animale ecologico e sociale. L’Autarchia Verde degli anni ’30 significa economia regolata non economia chiusa e il commercio con l’estero resta un punto nodale di questa politica che però prevede regole certe e concorrenza leale. Significa anche ristabilire un equilibrio tra città, campagna e montagna, tra prezzi agricoli e industriali; come il New Deal avviato nel 1933 da Roosevelt. Un utilizzo rispettoso del bosco e della montagna e, con esso, il sogno di vedere utilizzati tutti i suoli agricoli. Sarebbe interessante su questo aspetto conoscere il parere e confrontarsi non più con chi si definisce allevatore ed è per me molto lontano da esserlo ma con gente di altra sensibilità e spessore come lo scrittore Mauro Corona o il poeta e paesologo Franco Arminio. Ogni tanto si sente dire che “un tempo l’agricoltura mandava 100 Deputati a Roma”. Ecco, proprio questo vorrei poter rivedere tanto più che oggi all’agricoltura si è aggiunta una importante agroindustria”.