“DRIVE”: UN’ANALISI CHE PARTE DAL SIGNIFICATO DEL TITOLO 

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      –      di Mariantonietta Losanno    –             drive kadr “DRIVE”: UN’ANALISI CHE PARTE DAL SIGNIFICATO DEL TITOLO  Uno stile anomalo e fieramente post moderno: Nicolas Winding Refn dirige una pellicola che riesce a coinvolgere nonostante i ritmi e la mescolanza di generi (action movie, noir metropolitano, film d’amore) che potrebbero disorientare. Il protagonista è un uomo di cui non conosciamo il nome (viene chiamato semplicemente Driver): sappiamo che ha più di un lavoro, fa lo stuntmen per riprese automobilistiche, è un meccanico in una piccola officina e presta servizio come autista per alcuni rapinatori. Gli viene offerta un’opportunità: correre in circuiti professionisti. Le cose prendono una piega differente quando Driver si innamora di Irene, una vicina di casa, e diventa amico di suo figlio Benicio. La donna, però, è sposata e quando il marito esce dal carcere la situazione precipita. 19854770 “DRIVE”: UN’ANALISI CHE PARTE DAL SIGNIFICATO DEL TITOLO 

Basato sull’omonimo romanzo di James Sallis, “Drive” ruota intorno al dualismo del protagonista: il contrasto tra l’essere taciturno e solitario e al tempo stesso protettivo è la vera essenza della pellicola. In una sequenza in particolare, quella in cui Driver fa da scudo ad Irene difendendola da un killer con un colpo in canna, c’è la sintesi del film: il tempo rallenta, c’è un bacio appassionato, Driver si mostra come una sorta di pilota/cavaliere. La pellicola presenta comunque, per certi versi, una sinossi (fin troppo) semplice e una violenza esasperata. La sensazione è quella di un incidente automobilistico: un mix di emozioni contrastanti che, al contrario di quanto si possa pensare, l’impatto porta alla vita, più che alla morte. La comprensione parte proprio dal titolo: “Drive” è una parola complessa in inglese, al di là dell’ovvia traduzione relativa al guidare, significa anche impulso, motivazione, volontà. Sembrerebbe esserci di più di uno stile alla “Fast and Furious” (con inseguimento in auto, rapine, vendette), ma l’ambiguità che potrebbe essere interessante tende facilmente a diventare banale: probabilmente bisogna fare uno sforzo in più, per comprendere quello che c’è oltre all’apparenza. “Drive” è un film “di poche parole”, è compito dello spettatore riuscire a completare il quadro per dare una versione lineare e coerente: dietro gli sguardi e i gesti si può leggere tanto altro; Gosling riesce ad essere più espressivo di quanto si possa immaginare, riuscendo a rappresentare al meglio un lato misterioso, costretto alla violenza dalle circostanze ma nonostante questo non indifferente all’amore estremo e incontrollato.drive scaled “DRIVE”: UN’ANALISI CHE PARTE DAL SIGNIFICATO DEL TITOLO 

Lo spettatore è affascinato e confuso dalle contraddizioni del film: Driver vive la sua vita in maniera alquanto apatica e anonima, senza legami stabili o particolari interessi, non ha neanche il bisogno di parlare per dare voce ai propri pensieri; al tempo stesso, ci si sente attratti come da una strana forza magnetica che consente di provare empatia. Il pubblico è vittima dello stesso sentimento di Driver ed Irene: un’emozione vera durata troppo poco.