OMICIDIO DI NATALIA CHINNI: LE DICHIARAZIONI DELL’INDAGATO

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–    di Ursula Franco*   –                                     

Natalia Chinni, detta Carmen, un’insegnante d’inglese in pensione di 72 anni, è stata uccisa da un colpo di fucile venerdì 29 ottobre sull’appennino bolognese. La Chinni, mentre si trovava sulla soglia della sua seconda casa di Santa Maria Villiana, una frazione di Gaggio Montano, è stata attinta all’addome e agli arti inferiori da sette pallini esplosi da un fucile da caccia ed è morta per shock ipovolemico emorragico. E’ stato il figlio Federico, preoccupato per il fatto che la madre non fosse rientrata a casa a Borgo Capanne, a trovare il suo corpo nella serata di venerdì.

%name OMICIDIO DI NATALIA CHINNI: LE DICHIARAZIONI DELL’INDAGATOPer l’omicidio della Chinni è indagato un vicino di casa, 72 anni, ex dipendente di banca e cacciatore. L’indagato è anche primo cugino della vittima, il padre della Chinni era infatti fratello della madre dell’indagato. In passato, l’indagato e la vittima si erano confrontati in tribunale per questioni relative ai confini tra le loro abitazioni e alla rete fognaria. I quotidiani nazionali hanno diffuso alcune dichiarazioni rilasciate dall’uomo sia ai giornalisti che agli inquirenti.

In Statement Analysis partiamo dal presupposto che chi parla sia “innocente de facto” e che parli per essere compreso. 

Dall’indagato in questione ci aspettiamo che neghi in modo credibile di aver ucciso la Chinni e che lo faccia spontaneamente. Ci aspettiamo anche che nel suo linguaggio non siano presenti indicatori caratteristici delle dichiarazioni di coloro che non dicono il vero e che possegga la protezione del cosiddetto “muro della verità”, che è un’impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanto gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.

In poche parole dall’indagato ci aspettiamo che dica spontaneamente “Io non ho ucciso Natalia Chinni” e che, riferendosi alla sua negazione, aggiunga “sto dicendo la verità” oppure “ho detto la verità”.

Una negazione è credibile quando è spontanea e composta da sole tre componenti:

il pronome personale “io”
l’avverbio di negazione “non” e il verbo al passato “ho”, “non ho”
l’accusa, ad esempio “ucciso tizio”.071829483 550e931f e63a 480d 9933 f659e03897e6 OMICIDIO DI NATALIA CHINNI: LE DICHIARAZIONI DELL’INDAGATO

 

Gli inquirenti sospettano che l’indagato si sia liberato del fucile e delle munizioni nel fiume Reno in quanto, secondo i loro calcoli, avrebbe impiegato più del previsto a percorrere un certo tratto di strada. In merito l’indagato ha detto ai giornalisti: Penso di essermifermato due minuti per far pipì.

L’indagato non è stato convincente, è stato lui stesso a mettere in dubbio le proprie parole facendole precedere da “Penso” e soffermandosi a pensare a cosa dire dopo “essermi”.

Indagato: Io con il delitto di Natalia Chinni non ho proprio nulla a che vedere.

“Io con il delitto di Natalia Chinni non ho proprio nulla a che vedere” non è una negazione credibile.

Indagato: Io ho trascorso tutto il pomeriggio con mia moglie, eravamo fuori a sbrigare alcune faccende. Di questa storia non so nulla. Con lei nemmeno ci parlavo (…) non c’era astio, non ci sono mai state aggressioni (…) ma nonostante questo ora mi accusano di qualcosa che non ho commesso, sono devastato. Non ho ucciso proprio nessuno.

“Di questa storia non so nulla”, “mi accusano di qualcosa che non ho commesso” e “Non ho ucciso proprio nessuno” non sono negazioni credibili. L”indagato ha aggiunto “proprio” a “Non ho ucciso nessuno” nell’illusione di apparire più convincente, più incisivo.

Quando l’indagato ha detto “Di questa storia non so nulla”, “mi accusano di qualcosa che non ho commesso” non solo non ha negato in modo credibile e ha cercato di indurre l’interlocutore a interpretare le sue parole a suo favore ma ha minimizzato.

“Con lei nemmeno ci parlavo”, “non c’era astio, non ci sono mai state aggressioni” sono frasi di intento manipolatorio dettate dal bisogno dell’indagato di convincere l’interlocutore di qualcosa che è incapace di negare. 

Si noti “sono devastato”. E’ alquanto probabile che l’indagato sia “devastato” proprio perché gli inquirenti hanno giustamente concentrato le attenzioni su di lui.

Giornalista: Sono Lucilla Masucci di Rai1.

Indagato: Non me ne frega niente.

“Non me ne frega niente” sono parole inaspettate, in specie in questo contesto, l’indagato avrebbe potuto semplicemente negare in modo credibile di aver ucciso la Chinni arginando così ogni altra possibile domanda della giornalista.

Giornalista: Lei è il cugino di Natalia.

Indagato: No, non la conosco. Grazie. Può andare.

L’indagato ha nuovamente preso le distanze dalla vittima, peraltro una cugina di primo grado, lo aveva già fatto in precedenza  dicendo “Con lei neanche ci parlavo”.

CONCLUSIONI

L’indagato ha minimizzato quando si è riferito all’omicidio definendolo “quello che è accaduto”, ha tentato di ingraziarsi i giornalisti dicendo “Buongiorno” e ringraziando più volte, ha prima parlato per sé “io non c’entro niente” e poi al plurale “Noi abbiamo riferito alle autorità”, “Cercate di capirci” mostrando di avere il bisogno di nascondersi tra la folla.

La Statement Analysis dà ragione agli inquirenti.

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ursula franco 1 OMICIDIO DI NATALIA CHINNI: LE DICHIARAZIONI DELL’INDAGATO* Medico Chirurgo, Criminologo, Statement Analyst. E’ allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari. Fa parte del Forensic Team della COLD CASE FOUNDATION, una Fondazione Americana che si occupa di casi irrisolti, Executive Director: FBI Profiler Gregory M. Cooper.