NUN CE PIACE ‘O PRESEPE

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   di Vincenzo D’Anna*   –

E’ l’ora della rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Riceve un largo consenso (oltre i tre quarti) dei voti espressi dal Parlamento riunito in seduta congiunta. A volerla vedere in controluce si può certo affermare che l’euforia degli onorevoli ha l’aria liberatoria di quanti, evitando il voto anticipato, hanno scansato l’esame degli elettori. Parliamoci chiaro: è innegabile che molti di quelli che hanno brindato convinti al Mattarella bis non torneranno sugli scranni delle Camere nella prossima legislatura se è vero com’è vero che la geografia politica è cambiata ed il numero dei posti disponibili sono stati ridotti di un terzo per demagogica scelta dell’assemblea stessa. Quella riduzione dei seggi parlamentari fu una decisione ipocrita che segnò anche la fine di uno sventurato periodo nel quale il moralismo di basso conio la faceva da padrone. Per mitigare un clima ostile al Parlamento fu deciso di dare in pasto all’opinione pubblica la diminuzione delle poltrone di senatori e deputati limitando, paradossalmente, il numero dei rappresentanti del popolo stesso. Di tagli alla spesa pubblica manco a parlare. Eppure se ne sarebbero potuti fare tantissimi, a cominciare dagli sprechi dalle partecipate statali, degli enti inutili, del debito pubblico. Altro che poltrone!! Sarebbe bastato dare attuazione al piano di risanamento a suo tempo commissionato all’economista Carlo Cottarelli, rimasto intonso in qualche polveroso scaffale di Palazzo Chigi. Comunque sia la riduzione dei seggi lascerà a casa molti tra i rivoluzionari di quel tempo chiudendo un epoca nefasta per il paese. Sarà’ come Un sigillo fallimentare imposto sulle strampalate intenzioni grilline di distruggere le istituzioni dello Stato, eliminare sbrigativamente un ceto politico definito come “casta” che aveva rovinato la nazione. Nel corso di questi anni molte di quelle pagliacciate sono evaporate come la bruma d’inverno in una giornata di sole. Tuttavia una folta schiera di soggetti, scelti per il tramite di indicazioni via web, ignoranti e rancorosi, è sbarcata nelle aule del Parlamento rappresentandone addirittura la maggioranza relativa. Gli sconquassi che quell’ubriacatura generale ha portato nel già malandato mondo della politica italiana, si sono fatti sentire: ben tre governi in quattro anni, connotati da una strabiliante rarità politica, due di questi sono stati di segno politico diametralmente opposto seppur guidati dallo stesso premier. Insomma: l’inquinamento di prassi e condotte che si sono sovrapposte al decadimento della qualità sia dei partiti che dei principali protagonisti della politica italiana. E così siamo giunti, per progressivo generale logoramento, ai giorni nostri, allo spettacolo inverecondo di impotenza del Parlamento, nel frangente dell’indicazione del nuovo Capo dello Stato. Quest’ultimo evento ha certificato che in entrambi gli schieramenti tira aria di resa dei conti e che le attuali leadership sono traballanti, inadeguate ed insipienti. Gente che non riesce a scegliere un nome per il Colle, ben difficilmente sarà in grado di guidare future coalizioni di maggioranza nell’epoca in cui la crisi pandemica e la ripresa economica richiedono scelte rapide ed opportune. Aggiungiamo i malumori della gente comune, che ha già dimenticato le proprie responsabilità elettorali, insoddisfatta e lamentosa perché vede aumentare i costi dei servizi e delle utenze domestiche, e il quadro sarà completo: il disagio, politicamente parlando, non potrà che incanalarsi dietro ad un nuovo Masaniello, ripristinando, in tal modo, il clima di odio sociale e le smanie di cambiamento. Quanto a Mattarella gli applausi più insistenti, gli abbracci e le reciproche congratulazioni per la rielezione si sono osservati tra i banchi della sinistra, la quale pur arrivando divisa ed indecisa all’appuntamento del Quirinale, ha comunque portato a casa il risultato. Chi crede che Mattarella possa risolvere i problemi di tutti si sbaglia. Egli è un accorto ed equilibrato padre di famiglia, un politico cauto e riflessivo, non un capitano coraggioso in grado di guidare rivoluzioni copernicane e profondi cambiamenti (quelli che poi servirebbero al Paese). Il Capo dello Stato non ha alcun obbligo politico essendo stato pregato di rimanere, lo stesso vale per Mario Draghi al Governo, non credo che si impegoleranno in altre faccende. A cominciare dalla paventata nuova legge elettorale che viene tirata fuori, come nelle peggiori tradizioni, alla vigilia del voto. E’ storia vecchia quella di pensare ci si si possa tutelare mediante artifizi e meccanismi vari per l’assegnazione dei seggi parlamentari. Sopiti i clamori si prospettano tempi non certo invitanti, ricchi di incognite e capovolgimenti di fronte, sia nei partiti che in Parlamento. Un dato su tutti indica quanto precario sia il contesto: il gruppo misto, luogo di approdo dei dissidenti dai partiti, ha raggiunto la cifra record di 130 parlamentari!! E per finire, una parola per il centrodestra che dovrà risolvere un’equazione a tre incognite: l’eclissi di un malandato Cavaliere, il fallimento di Salvini (come leader della coalizione) e l’irredimibile vocazione della Meloni a fare la “pasionaria barricadera” a caccia di voti ma con pochi ragionamenti in testa. Una coalizione, quella di destra, nella quale crescerà la frangia protestataria e diminuirà quella moderata, quindi scarsa stabilità ed affidabilità. Insomma tutti si fingono contenti ma “nun ce piace ‘o presepe”.

*già parlamentare