“VORTEX”: CINEMA NEL CINEMA E SOGNO NEL SOGNO IN UNO “SPACCATO” DI REALTÀ

0

di Mariantonietta Losanno

“La vita è un sogno dentro ad un sogno”: Gaspar Noé nella sua ultima opera si confronta con la psichiatria, il Cinema – il suo, quello da cui attinge e quello che vuole celebrare -, la morte (su cui il regista si è espresso: “Tutto ha a che fare con la morte, da quando siamo al mondo. […] Mentre lavoravo a “Vortex” era un pensiero ricorrente. Anche in “Love” eros e thanatos sono intimamente correlate. Non si può parlare di passione senza questo binomio”), i legami familiari che si nutrono di sentimenti complessi non sempre individuabili in una forma “unica” di amore, i fallimenti, le colpe, il senso di appartenenza. 

%name “VORTEX”: CINEMA NEL CINEMA E SOGNO NEL SOGNO IN UNO “SPACCATO” DI REALTÀ

Dario Argento e Françoise Lebrun sono i protagonisti di un dramma familiare – che rimanda, quasi in modo “obbligato”, ad “Amour” di Michael Haneke – che si sviluppa in modo graduale. Lui è uno scrittore, impegnato nella stesura di un libro sul cinema e sui sogni, lei una psichiatra in pensione. La pellicola si “spacca” in due dando allo spettatore la possibilità di assistere a due film – o a due sogni vissuti in prima persona da lei e da lui – legati da un filo comune: la memoria. Da una parte c’è lei che un po’ alla volta dimentica le cose, perde gli oggetti, smarrisce la strada; dall’altra lui che sembra – invece – ossessionato dai ricordi (e dai rimpianti) e tenta di restare aggrappato alla vita, quasi “ignorando” la demenza di sua moglie. I due personaggi sono protagonisti della loro “parte” di schermo (a parte la scena iniziale – proprio quella che recita “la vita è un sogno dentro ad un sogno” – in cui ci sono entrambi), ma non protagonisti della loro vita. Lo sguardo dello spettatore non si confonde: riesce a seguire entrambe le storie, concentrandosi sugli sguardi, sulle emozioni, sulla sofferenza. Non siamo di fronte alle “solite” provocazioni di Gaspar Noé: “Vortex” è un’opera intima (tale da soffermarsi su dettagli privati della vita della coppia), sensibile, estenuante. Segue i “tempi della vita”, mostrando quello che a volte siamo portati a dimenticare: la razionalità viene meno quando veniamo trascinati in quel “vortice” che non dà tregua e che porta con sé ogni aspetto del proprio “io”. Mentre la vita scorre verso la fine, c’è il cinema che “si interroga sul cinema”, citando opere come “Vivre sa vie”, “Une femme est une femme”, “Vampyr” e artisti come Fellini o Mizoguchi. C’è un uomo che domanda a se stesso che forma assumono i sogni e che lotta per tenere con sé tutto quello che ha: la sua memoria. Sente di preservarla solo restando nella sua casa (colma di “cose”), perché è proprio il luogo a cui appartiene a dare definizione a se stesso. C’è una donna che vorrebbe non sentirsi in colpa per la malattia che ha e che si scusa con suo marito e suo figlio chiedendo loro di “sbarazzarsi” di lei. 

%name “VORTEX”: CINEMA NEL CINEMA E SOGNO NEL SOGNO IN UNO “SPACCATO” DI REALTÀ

Noé sembra essere arrivato ad una maturazione: non si assiste più alle sue perverse allucinazioni disturbanti, ma si prende parte alla vita – a due vite – analizzando, nel frattempo, i propri demoni, i propri errori, i propri sogni. “Vortex” resta un genere indeterminato (nonostante i temi affrontati siano gli stessi delle precedenti opere: sesso, droga, amore, morte, follia), assumendo la forma stessa di un sogno: a tratti confusa, poi più nitida, poi folle e di nuovo lucida. È una pellicola sui corpi e sulle menti, “dedicata a tutti coloro che muoiono nella testa prima che nel cuore”, su quello che significa “appartenere”, ad un luogo come ad una persona. Quando il figlio tossicodipendente cerca di convincere i genitori a ricoverarsi in una struttura specializzata, emerge in modo evidente il bisogno di restare legati ad un oggetto (la loro casa) perché in quel posto c’è la loro vita: abbandonare quel luogo significa abbandonare se stessi. Soccombere. Svuotare quella casa, eliminando tutto quello che la riempie, significa perdere per sempre parti di sé. Al di là del possesso di cose materiali, si tratta di memoria. 

%name “VORTEX”: CINEMA NEL CINEMA E SOGNO NEL SOGNO IN UNO “SPACCATO” DI REALTÀ

Noé – ancora una volta – non mostra alcuna cautela nel presentare il Male: mentre il regista decide di affrontarlo (e di capirlo), noi siamo insieme a lui, dentro il suo (doppio) mondo. Per non fuggire da questa sofferenza è necessario “armarsi di amore” e capacità di immaginazione: anche quando ci si ritrova alla “fine” c’è sempre qualcosa di sé da preservare. È tutto il cinema ad essere “un grande sogno”, ma a presentarsi – allo stesso tempo – come uno “spaccato” (perché, in questo caso, si tratta di un “vortice diviso a metà”) di realtà.