“LA TRAVERSÉE”: PROMETTERE MENTRE SI MUORE

0

di Mariantonietta Losanno  

%name “LA TRAVERSÉE”: PROMETTERE MENTRE SI MUOREKyona inizia a raccontare, servendosi del suo album da disegno – oggetto della memoria – ripercorrendo il suo viaggio. La sua famiglia è stata costretta a fuggire e lei e suo fratello Adriel sono stati separati dai genitori. Da quel momento, hanno percorso da soli la strada, lottando costantemente con la paura e l’odio, contando sulla fortuna, come fanno tutti quelli che sono in fuga.

Una serie di frasi – ripetute – scandiscono il racconto, primo lungometraggio dell’animatrice Florence Miailhe, presentato fuori concorso al quinto El Gouna Film Festival e disponibile su Mubi. Ci sono dei concetti, infatti, che vengono reiterati ma declinati a seconda della circostanza: “Non hai paura?” o “Non avere paura”, viene detto continuamente. Insieme a “Cerca di ricordare” o “Dimentica”. E poi ci sono le frasi di speranza, quelle che si affidano alle promesse, tanto irrealizzabili quanto essenziali per poter continuare a vivere. Come definire, però, una vita quella che Kyona – attraverso i suoi disegni – racconta? È più una continua morte, è come promettere mentre si muore. Se Mentre morivo ci riporta al titolo del romanzo (simbolico) di William Faulkner, il recupero dei ricordi dei due adolescenti rimanda a Flee (2021, di Jonas Poher Rasmussen), in cui – come ne La Traversée – si utilizza l’animazione (che permette di “trasformare” i volti, le forme e i colori) per far parlare il dolore. La pellicola di Miailhe (realizzata insieme alla co-sceneggiatrice Marie Desplechin, sorella di Arnaud) tenta, infatti, di fare ordine nella sofferenza, nei traumi, nei ricordi. In quello che resta. Kyona e Adriel vengono attraversati (come suggerisce il titolo dell’opera, La Traversée, appunto) dalle paure, e cercano di resistere preservando le memorie attraverso l’arte, che aiuta a rimanere in vita. Anche mentre si muore.

%name “LA TRAVERSÉE”: PROMETTERE MENTRE SI MUORELa vicenda non viene connotata nel tempo e nello spazio: non sappiamo in quale paese si stia svolgendo la fuga, né quale sia l’etnia dei due fratelli. Però, questi  contorni sospesi, in realtà, sono fortemente definiti e rintracciabili. Florence Miailhe registra – con la tecnica della pittura a olio su vetro – i segni lasciati dalla violenza, dà corpo ai ricordi, alle assenze, alle percezioni. La sua è una narrazione piena di natura e di animali (boschi, alberi, cieli, stagioni) e – soprattutto – di colori, come a voler dare un confine nuovo alle cose e una continuità. Come a voler dire, cioè, che finché qualcosa è colorato è anche esistente e visibile: sfugge alla morte. C’è presenza, infatti, persino nello svolgersi dell’attesa e nell’assenza.

Quando il mondo diventa insostenibile, bisogna preservare una zona non meno dolorosa ma in cui la parola poetica – nominandole – richiama in vita cose e persone con il loro nome, con il loro colore. “A mia mamma, a mia nonna, a coloro che un giorno lasciano il paese sperando in un futuro migliore altrove”, così Miailhe chiude il suo attraversamento. La sua prima opera lunga si affida all’animazione per un’esigenza espressiva: le immagini raccontano, con un linguaggio universale, le esperienze (politiche e) personali di Kyona e Adriel. Per i due fratelli, arrivati alla fine del loro viaggio, esiste davvero un posto dove “stare” – nell’ accezione di esistere – e dove sentirsi al sicuro? Ne La Traversée (Mubi) il tempo si dilata, concentrando storie di anime che cercano di (soprav)vivere. Mentre si muore.