“Nella sua carriera, Hitchcock non ha mai girato un solo piano che fosse gratuito. Il più “insignificante”, in fin dei conti, serve sempre all’intrigo che arricchisce alla maniera con cui il piccolo tocco caro agli impressionisti arricchiva il quadro”, ha detto Jean-Luc Godard. Il cinema di Hitchcock realizza l’idea del cinema come messa in scena e spettacolo, attraverso modalità che non concedono nulla all’estemporaneo e al gratuito. La messa in scena costituisce il luogo privilegiato in cui Hitchcock realizza la propria riflessione e nello stesso tempo si offre come oggetto della riflessione stessa, venendo ad assumere un duplice ruolo.
Si può dire, quindi, che la messa in scena provochi lo svilupparsi di una duplice dinamica: da una parte, è l’oggetto specifico del continuo confronto dell’autore con se stesso, con la propria storia, con il proprio essere regista; dall’altra, serve per fare emergere tutti gli strumenti di cui si è servito per costruire la propria opera. Lo spettacolo, in Hitchcock, è sempre mostrato come spettacolo. E questo non solo attraverso gli espedienti interni all’intrigo, ma attraverso il realizzarsi stesso della finzione. L’idea del cinema come mimesi della realtà lascia il campo all’idea del cinema come re-invenzione della realtà.
Fare del cinema, per Hitchcock, significa sottolineare continuamente la natura fantastica dell’immagine, inventare storie che non abbiano alcuna pretesa di verosimiglianza, fare appello alla fantasia dello spettatore, affascinarlo, sconvolgerlo, divertirlo, offrirgli una messa in scena che ha il potere di turbare, far riflettere, persino impaurire. Cinema dell’intrigo quello di Hitchcock, dunque, ma anche cinema della riflessione e dell’intelligenza. Tutti i meccanismi che operano costantemente nella dinamica dell’intrigo hitchcockiano, sono stati scelti e utilizzati con l’intento di sconvolgere qualsiasi realtà armonicamente composta. Il passaggio metodico, all’interno del racconto, da sequenze di armonia a sequenze di disarmonia, è quello che segna lo scatenarsi del dubbio e della paura. La suspense è il modo più persuasivo per investire lo spettatore, per vincere le sue certezze, per dominarlo. “L’arte di creare suspense è nello stesso tempo quella di mettere il pubblico “nell’azione” facendolo partecipare al film. Nel regno dello spettacolo, fare film non è più un gioco a cui si partecipa in due (l’autore e il suo film), ma in tre (l’autore, il suo film e il pubblico)”, ha detto FrançoisTruffaut.
“Intrigo internazionale” è una combinazione di tensione ed ironia. Un intrigo spionistico travolge un ignaro pubblicitario, Roger Thornill (Cary Grant), fra New York, Chicago e il Monte Rushmore. In un giorno qualunque della sua vita frenetica, per un equivoco viene scambiato per un certo George Kaplan da due uomini che lo sequestrano e lo portano in una villa fuori città. Lì viene minacciato e costretto a bere, poi messo in una macchina cercando di simulare un incidente. Thornill viene fermato dalla polizia a cui racconta la sua storia, ma nessuno sembra disposto a credergli. Avendo perso fiducia nella polizia, in sua madre e nel suo avvocato, Roger decide di condurre l’indagine da solo, trovare il vero George Kaplan e far luce sulla questione. Scambi di identità, personalità ambigue, doppiogiochisti, dubbi, tensioni: una spy-story costruita alla perfezione. Anche in “Intrigo internazionale”, il regista si ritaglia un divertente cameo: Hitchcock è un uomo che perde un autobus nell’incipit della pellicola.
Mariantonietta Losanno