L’ULTIMO “GUAPPO”

0

   –  di Vincenzo D’Anna*  –                                                   

È morto Raffaele Cutolo, il “camorrista” per antonomasia, fondatore della Nco, la Nuova Camorra Organizzata, il cartello che si oppose al dominio delle vecchie famiglie malavitose dell’area metropolitana di Napoli. Un clan criminale, il suo, nato tra le stesse sbarre del carcere ove il boss di Ottaviano stava scontando una pena per aver ucciso, poco più che ventenne, il giovane che aveva osato offendere la sorella Rosetta. Cominciò così, con un gesto da “guappo”, la lunga e sanguinaria vicenda criminale di quello che sarebbe passato alla storia con il soprannome ‘O professore. Cutolo, per capirci, prima di diventare camorrista, agì secondo l’antico codice d’onore che impone di lavare col sangue offese gravi e lesive dell’immagine e della cosiddetta onorabilità personale. Per un comune cittadino, l’onore è l’insieme degli attributi civici e morali che la comunità nella quale vive, gli riconosce ed attribuisce. Per l’individuo che invece rifiuta tale codice etico, quella definizione non ha alcun senso. Parliamoci chiaro: l’ignoranza accompagna da sempre le mentalità cosiddette incivili ed è in quel contesto che la “violenza senza legge” rischia di mettere solide radici. Ci fu chi disse che non esistono uomini cattivi ma solo uomini infelici. La miseria, le devianze sociali, la brutalità dei rapporti, il desiderio di riscatto dalla miserrima condizione, alimentano, insomma, il convincimento che la forza e la prevaricazione siano giustificate dalla condizione esistenziale. Raffaele Cutolo diede più volte prova di una visione distorta della società e della civile convivenza, ergendosi, attraverso il male, a elargitore di bene. Un angelo vendicatore delle ingiustizie (dei bisogni) subìte dal popolo, che alla fine coincideva con gli accoliti della sua associazione camorristica. Il ruolo di pseudo benefattore dell’umanità ‘O professore lo svolgeva attraverso la sorella Rosetta, fedele esecutrice dei suoi ordini e delle elargizioni alle famiglie degli affiliati. Insomma, al boss di Ottaviano piaceva tanto calarsi nella parte del novello “Robin Hood” di turno che lottava per ripianare le ingiustizie, al posto di uno Stato insensibile ed avaro, capace solo di reprimere. Altro elemento caratteristico della filosofia di Cutolo, era la ribellione contro il vecchio sistema di conduzione degli affari da parte delle cosche tradizionali e la dipendenza di queste dall’influenza se non dalla sottomissione, alle più potenti mafie siciliane e calabresi. Ingaggiò pertanto una furibonda guerra contro le altre organizzazioni rivali che insanguinò le strade delle Campania mietendo centinaia di vittime. Pian piano con il rito di affiliazione in carcere ed i modi da gentiluomo vecchio stampo, “don Rafele” divenne un mito nella malavita finendo col soverchiare le famiglie concorrenti. Furono anni, quelli, nei quali i mezzi di informazione, il cinema e finanche una certa politica finirono col creare, attorno al criminale, l’aura di un personaggio straordinario. Erano i primi anni Ottanta del secolo scorso, quelli seguiti alle vicende post terremoto: Cutolo toccò allora l’apice della notorietà e di una sinistra popolarità. Accadde in particolare quando fece da intermediario tra la famiglia dell’assessore regionale Ciro Cirillo e le Brigate Rosse che lo avevano sequestrato (il 27 aprile del 1981). Dichiarò, in seguito, che lo Stato gli si era rivolto, attraverso i servizi segreti, per chiedere la liberazione dell’esponente politico. Si vantò anche del fatto che avrebbe potuto fare altrettanto con Aldo Moro del quale era in grado di indicare la prigione, ma inutilmente. Cutolo restò fedele a quel personaggio costruito negli anni: non si pentì né collaboro mai con la giustizia, sorbendosi una pena atroce di ben quarant’anni di carcere duro ed in isolamento. Una morte civile. Non vollero mai concedergli una carcerazione normale perché aveva mantenuto una mentalità camorristica, rimanendo fedele alle sue convinzioni. Insomma: altri capi di camorra e killer di decine di delitti, anche efferati, collaborando con la giustizia, hanno ottenuto dissequestro di beni, sconti di pena e sussidi economici per la famiglia. A Cutolo questo non è mai interessato: il capo della Nco non ha mai scaricato su altri le proprie responsabilità né ha mai venduto “nessuno” rivelando quel che sapeva. Virtù, se vogliamo, comportamentali, che tuttavia non hanno cancellato i delitti e le responsabilità commesse, ma che hanno comunque dato la dimensione di un gesto di coerenza e di valori. In un contesto dove per bramosia di comando e di potere si tradiva e si uccideva il vecchio capo per mettersi al servizio di quello nuovo, ove molti si sono pentiti e messi al servizio della pubblica accusa, anche facendosi imbeccare dai pubblici ministeri (elargitori dei benefici di legge), la storia di Cutolo fa eccezione. Credo non sia morto un criminale qualsiasi. Forse se n’è andato l’ultimo guappo.

*già parlamentare