“IL GINOCCHIO DI CLAIRE”, ÉRIC ROHMER: UNA NUOVA SEDUZIONE

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di Mariantonietta Losanno 

%name “IL GINOCCHIO DI CLAIRE”, ÉRIC ROHMER: UNA NUOVA SEDUZIONE“In francese c’è una parola, “moraliste”, che non credo abbia un equivalente in inglese. In realtà non ha una grande connessione con la parola “morale”: un “moraliste” è qualcuno che è interessato alla descrizione di ciò che accade dentro l’essere umano. Si occupa di stati mentali e di sentimenti”, ha detto Rohmer in riferimento al suo ciclo “Sei racconti morali”, diretti dal 1961 e il 1972. Lo schema è molto semplice: un uomo rivolge le sue attenzioni ad una donna che considera la sua “eletta”, alle cui lusinghe sembra cedere. Non si tratta di film d’azione, o film drammatici: Rohmer si focalizza su un sentimento “particolare” e lo analizza con genuinità e spontaneità. Dunque, “Racconti morali” non vuol dire né che ci sia necessariamente una morale, né che non ci sia. Inoltre, il fatto che non si tratti di film d’azione non vuol dire che non si verifichino cambiamenti significativi: l’incontro tra un giovane protagonista e una presenza femminile e le dinamiche sentimentali che ne scaturiscono costituiscono il fulcro dei “Sei racconti morali”. E se è vero che non c’è azione fisica, non ci può essere azione nei sentimenti? 

Éric Rohmer ci insegna come sia possibile innamorarsi di un ginocchio. Smembra assurdo, paradossale, irrealizzabile. Eppure, una passione tanto forte – che sfocia facilmente in ossessione – può nascere anche nei confronti di quello che apparentemente sembra meno di tutti l’oggetto del desiderio. Il protagonista di questo racconto è Jérôme, un diplomatico francese che incontra per caso una sua vecchia amica – nella cornice pittoresca di un lago – che lo introduce nella famiglia Walter, da cui è a pensione. La donna, Aurora, gli confessa che Laura, la figlia adolescente della sua ospite, è innamorata di lui. Jérôme sta per sposarsi, ma non sembra provi un sentimento così profondo. In più, confessa di avere spesso avuto l’impressione di non provare nulla, come se le relazioni sentimentali gli fossero parse inutili, prive di significato. Tra Laura e Jérôme si stabilisce un sincera comunicazione, ma è quando arriva Claire (sorellastra di Laura) che Jérôme sente di provare un reale desiderio. La sua attenzione, però, è rivolta verso il suo ginocchio, che freme dal bisogno di toccare. Cerca allora di approfittare di un momento di disorientamento di Claire per metterle la mano sul ginocchio e accarezzarlo. Jérôme racconta, poi, tutto ad Aurora, sottolineando la moralità del gesto e del fatto che sia stato provvidenziale per entrambi: a lui ha aperto gli occhi sul matrimonio, a Claire sull’inaffidabilità del suo ragazzo. 

%name “IL GINOCCHIO DI CLAIRE”, ÉRIC ROHMER: UNA NUOVA SEDUZIONEDi che cosa di tratta, allora? Di un feticismo, di una perversione? Niente di tutto questo. Rohmer costruisce con intelligenza ed eleganza, soffermandosi sulla psicologia della seduzione e sulla natura stessa del desiderio e dell’attrazione. Jérôme, abbandonata ogni pulsione sessuale passeggera, percepisce un’attenzione particolare nei confronti del ginocchio di Claire. Appena riesce ad avere un contatto, è lei a “subire” quell’atto “poetico” espressione di una necessità incontrollabile. Quello che non rende questo gesto un’azione molesta o perversa, non è solo il fatto che si tratti di un ginocchio (e quindi non di un’altra parte del corpo associata alla sessualità), ma che non ci sia, in realtà, bisogno di nessuna altra cosa se non di “sentire” quel momento, goderne e trarne qualcosa. L’idea che un film possa gravitare attorno ad un ginocchio lo rende già un risultato estetico in sé, un traguardo artistico raggiunto. C’è più passione negli sguardi rivolti nei confronti di un atipico oggetto di desiderio – ossia il ginocchio – che in tante altre effusioni rappresentate sullo schermo. Privo di ogni sottotesto morboso, “Il ginocchio di Claire” esplora il mondo degli incontri sentimentali, dei compromessi morali, dei equivoci fraintendimenti amorosi. Rohmer, con il suo sguardo antropologico, indaga la natura dei personaggi, senza mai esasperare la componente erotica o cedendo a soluzioni volgari. Un cinema profondo, delicato, colto, ma solo per chi ha conservato stupore e l’incanto.