COVID-19: TUTTO QUELLO CHE GLI ALTRI NON POSSONO O NON VOGLIONO DIRVI (e che non vi diranno mai) – IX PUNTATA

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CASTRONERIE ‘ANTIVIRUS’ BIS – GEL DISINFETTANTI E GUANTI: SONO BENEFICI, INCONFERENTI O NOCIVI?

–           di Luigi Cobianchi         –               

LUIGI COBIANCHI COVID 19: TUTTO QUELLO CHE GLI ALTRI NON POSSONO O NON VOGLIONO DIRVI (e che non vi diranno mai) – IX PUNTATANella scorsa puntata abbiamo iniziato a effettuare una disamina dei dispositivi e delle ‘buone’ pratiche che ci sono stati addirittura imposti, incredibilmente proprio quando il SARS-CoV-2 sarebbe in regressione – e, quindi, si registrerebbero sempre meno casi di COVID-19 – onde prevenire – o, quantomeno ridurre – il contagio.

Abbiamo provato anche a classificare questi presidi e queste regole (anti)igieniche, distinguendoli in ‘inconferenti’, ovvero inutili, ma non dannosi; nocivi e, infine, benefici (ne troveremo almeno uno, tale al cento per cento?).

Oggi vogliamo occuparci di un altro ‘totem’: i disinfettanti per le mani in gel o in forma liquida.

So che, anche in questo caso, darò una grande delusione a coloro che hanno speso fortune per farne incetta, ma, soprattutto, che mi farò odiare (c’è chi inizia, addirittura a temere per me!) da quelle aziende che, producendoli, hanno registrato incrementi esponenziali nelle vendite, dei quali si sono giovati (non poco) anche i dettaglianti, ma… non tutti sono efficaci rispetto ai virus.

Occorre, al riguardo, fare una netta distinzione tra quelli non contenenti etanolo e quelli che ne contengono.

I primi, invero, quelli che NON contengono alcool etilico, di comprovata hanno ESCLUSIVAMENTE una blanda azione antibatterica, eppure vengono spacciati e venduti come ‘virucidi’

In base alla nostra classificazione i predetti ‘disinfettanti’, rispetto al SARS-CoV-2 – e, più in generale, agli altri virus – vanno ascritti alle prime due categorie: o sono inconferenti o, addirittura, nocivi, qualora, soprattutto in caso di (ab)uso prolungato, riducano le naturali barriere difensive della nostra pelle rispetto ai patogeni (termine che mi sforzo di utilizzare, pur essendo assai discutibile, ma in questa sede non ci si può addentrare in discorsi che non si prestano a trattazioni ‘spicce’), alterandone il pH, ovvero il film idrolipidico o, peggio, danneggiando lo strato corneo dell’epidermide.

A chi fanno bene? Ancora una volta, certamente a chi li produce e a chi li vende, traendo enormi profitti, ai limiti della liceità.

Discorso diverso, sia pure con alcune fondamentali precisazioni, vale per l’alcool etilico (che, in forma denaturata secondo Legge, è il comune alcool con la caratteristica colorazione rosa, per intenderci, avente titolo non inferiore al 90%) e, quindi, per i prodotti che contengono etanolo.

In generale – come riporta la letteratura medico-scientifica – l’alcool etilico ha effetto virucida su substrati abiotici ove sia utilizzabile, dovuto fondamentalmente alla denaturazione delle proteine che l’etanolo determina, unitamente alla sua azione di solvente, rispetto ai lipidi, derivante, segnatamente, dal suo gruppo metilico lipofilo R-CH3.

Ricordiamo, invero, che – come detto nella scorsa puntata –  il capside del virione è composto di proteine, mentre l’eventuale pericapside (presente nel SARS-CoV-2) è costituito da lipidi, in doppio strato, e da glicoproteine: la denaturazione di queste ultime e la contestuale soluzione dei lipidi a opera dell’etanolo comporta la distruzione di ambedue i predetti ‘involucri’ protettivi, con conseguente esposizione del genoma virale che, in tale condizione, a sua volta, viene distrutto.

Il discorso si complica (non poco) quando l’etanolo viene utilizzato su substrati biologici, come la pelle delle nostre mani.

L’alcool etilico, invero, fissa le cellule, andando a sostituire l’acqua del citosol, grazie al suo gruppo ossidrilico R-OH, idrofilo.

Usato per la disinfezione, l’etanolo non ha, ovviamente, capacità selettive’, distinguendo i patogeni dalle cellule che compongono la nostra epidermide, né, tantomeno, quella di agire in modo diversificato sulle cellule infettate, rispetto a quelle sane.

In ragione di ciò, soprattutto in presenza di lesioni pregresse, infettate della pelle, se l’alcool etilico non riesce a eliminare completamente i batteri (e/o altri microrganismi), le cellule che ha fissato possono fungere da pabulum per i predetti patogeni, andando a peggiorare l’infezione, anziché debellarla o, quantomeno, ridurla. Per questo motivo alcuni autori definiscono l’alcool un «non-disinfettante», su substrato biologico, salvo il suo uso non sia seguito da quello di altre sostanze a proprietà di disinfezione «alta».

Vi è, poi, un’ulteriore considerazione da svolgere. Il dimostrato spettro di azione antibatterico (su batteri, sia Gram +, sia Gram -, compresi patogeni multi resistenti, come MRSA e VRE), su Mycobacterium tubercolosis, antimicotico e antivirale (sia su virus a DNA, sia su quelli a RNA, inattivando anche H.I.V., H.B.V. e Rotavirus) dell’etanolo dipende fortemente dalla forma in cui viene utilizzato (liquido o in gel) e dalla diluizione in acqua.

L’azione denaturante sulle proteine citoplasmatiche delle cellule, a opera dell’etanolo, invero, è più marcata nelle soluzioni acqua-alcool, rispetto all’etanolo puro, non diluito; in ragione di ciò, da una parte, i disinfettanti a base di alcool etilico (diluito in acqua) in forma liquida sono molto più efficaci e rapidi nell’azione, rispetto a quelli in gel; dall’altra, a differenza di quanto il ‘buon senso’ comune potrebbe fare immaginare, l’azione disinfettante dell’alcool diluito non aumenta con la sua concentrazione (come, per contro, avviene per una vasta gamma di principi attivi), bensì ne esiste una ottimale, attorno al 70%, sotto la quale – ma anche sopra la quale – si ha un decadimento delle proprietà antisettiche.

Alla luce di tutto ciò comprenderete bene che è quasi impossibile dare un giudizio definitivo, assoluto sui disinfettanti per le mani a base di alcool.

Molto dipende, ancora una volta, da chi ne fa uso e in quale contesto. Se a usarli è una persona che si trova oggettivamente esposta a un rischio di contaminazione reale – non potenziale o astratto – che sa come utilizzarli correttamente e, soprattutto, che non ha (almeno nel frangente) altri mezzi di detersione-disinfezione più appropriati, allora potremmo ascriverli alla categoria dei presidi benefici.

Diversamente la valutazione può essere opposta, avuto riguardo anche agli effetti collaterali già menzionati per i disinfettanti non-alcoolici, da cui quelli che ci occupano non sono affatto immuni, a cominciare dalla neutralizzazione del pH dell’epidermide (l’alcool etilico essendo basico) e dall’alterazione del suo film idrolipidico (per la capacità di solvente, dianzi detta, che l’etanolo ha sui lipidi).

Da quanto abbiamo – sia pur sommariamente – sin qui esposto, emerge in modo chiaro una necessità irrinunciabile: prima di fare uso di disinfettanti per le mani occorre leggerne attentamente la composizione, chiedendo delucidazioni a un esperto (un biologo amico, ma anche il proprio farmacista di fiducia), se non si hanno adeguate conoscenze di biochimica.

Perché una cosa è certa: la stragrande maggioranza di disinfettanti liquidi in gel non a base di alcool, o con una diluizione inappropriata di etanolo, può poco o NULLA rispetto al SARS-CoV-2e, più in generale, sui virusrischiando di essere un rimedio peggiore del male, rendendo la pelle più vulnerabile al contagio da agenti patogeni (ivi compresi i virus stessi).

Per lo stesso motivo si può serenamente affermare – senza tema di smentita – che ogni abuso nell’utilizzo di questi prodotti rischia di produrre un effetto rebound, anche perché, nel lungo periodo, potrebbe determinare la formazione di specie batteriche super resistenti, con grave danno non solo per il singolo ‘fruitore seriale’, bensì per l’intera comunità.

Eppure, sempre grazie alle castronerie messe in giro dalla banda ‘svarioni, crisantemi &co.’ della TV (gli stessi che sostenevano che nessun effetto avrebbe avuto sul virus l’aumento delle temperature, per capirci), costantemente assistiamo al tristo spettacolo di persone che in modo ossessivo-compulsivo – rasentante il maniacale – si strofinano ansiosamente, talora affannosamente le mani con questi prodotti, ogni due e tre: prima perché hanno toccato qualcosa che ritengono contaminato; poi, perché, inavvertitamente, hanno sfiorato loro stessi; infine, perché hanno pur dovuto mettere mano alla magica boccetta dello (pseudo?) disinfettante e non si sa mai che potesse essere, a sua volta, contaminata!!

Veniamo a un altro tema caldo: l’utilizzo improprio e indiscriminato dei guanti.

Fermo restando che ne esistono delle più disparate categorie, per materiali che li compongono, spessore, finitura, ecc., solo quelli certificati per uso chirurgico hanno un comprovato effetto barriera’. La maggior parte degli altri no! Questi ultimi, in base alla composizione, a contatto con sostante acide, ovvero basiche, possono molto più rapidamente degradare, perdendo qualsivoglia caratteristica schermante, mutando la loro permeabilità originaria, fino ad arrivare a effetti macroscopici come quello della disgregazione.

Al di là di questo, indossare ingiustificatamente guanti in lattice, vinile, nitrile, polietilene, ecc., per lassi di tempo molto lunghi, può determinare iperidrosi, con conseguente macerazione della pelle, su cui possono ingenerarsi infezioni da batteri o da miceti, creando le condizioni, soprattutto in caso di sanguinamento, per un più facile contagio anche da virus.

Ciò, a maggior ragione, qualora vi siano fenomeni di intolleranza a specifiche molecole del materiale con cui è realizzato il guanto, ovvero alla cosiddetta ‘talcatura’ interna.

Ma il punto è: indossare guanti – chirurgici, o meno – ci protegge realmente dal contagio da virus?

, nel senso che sfido chiunque a dire che, per un pelo o un capello caduto sul viso, piuttosto che per un piccolo insetto che vi si è appoggiato o, semplicemente, per una reazione allergica, per un prurito non si sia mai toccato il viso, le labbra, il naso, gli occhi in questi giorni, indossando quei guanti con cui aveva toccato le più svariate superfici e gli oggetti più disparati.

Affinché abbiano una reale efficacia nel prevenire la diffusione di patogeni andrebbero cambiati in continuazione, per esempio, ogni volta che si entra e si esce da un negozio, dalla propria autovettura, ecc.. Occorre, poi, saperli indossare e sfilare correttamente, onde evitare contatti impropri tra la pelle delle proprie mani e la superficie esterna del guanto, o viceversa, supponendo che una delle due possa essere contaminata.

Che dire poi dei contatti indiretti? Indossiamo i guanti, andiamo a fare delle commissioni urgenti; al rientro, tocchiamo le chiavi di casa e, poco dopo, per sentirci più sicuri, diamo una mandata alla serratura, toccando nuovamente le medesime chiavi, a guanti sfilati… Se questi fossero stati contaminati dal virus, sarebbe molto probabile che il contatto a mani nude con quelle chiavi faccia depositare virioni sulle nostre dita.

Oppure: con i guanti, calzati al supermercato, tocchiamo la confezione di un prodotto che reca sulla confezione un patogeno del tipo ‘a lunga resistenza’ anche su substrati abiotici e inerti; portiamo la spesa a casa, ci togliamo i guanti e nuovamente prendiamo tra le mani il pacchetto. Il rischio di contagio c’è tutto!

Vogliamo, ancora, parlare della scena sconcertante di coloro (e sono, ahinoi, un enorme numero) che maneggiano banconote e monete (notoriamente fra le cose più sporche e infette in assoluto) con i guanti, per esempio, all’atto di pagare la spesa appena fatta e, poi, con quegli stessi guanti manipolano chiavi, maniglie, volante dello sterzo, pomello del cambio della propria autovettura, il proprio cellulare – una delle cose che più spesso avviciniamo al viso – le chiavi o le maniglie della porta di casa, da ultimo, ma non per ultimo, con specifico riferimento alle signore, frugano nelle loro borse, molto spesso assomiglianti a quella di Mary Poppins, di Disneyana memoria? Se qualcuno si prendesse la briga di effettuare un tampone sui nostri cellulari o nelle predette ‘borsette’, ne vedremmo davvero delle belle!

Che dire, infine, dei piccoli negozi (e, incredibilmente, anche qualche farmacia!!) dove, non essendoci un cassiere, guanti o non guanti, i medesimi operatori maneggiano prodotti e denaro indiscriminatamente?

Eh, sì, l’igiene – che è cosa ben diversa dalla mera pulizia – è un fatto molto serio!

Banali esperimenti condotti qualche tempo fa, in contesti i più disparati, hanno dimostrato come, al termine di procedure di ‘pulizia’ errate – o non correttamente eseguite – è facile riscontrare, con gli strumenti di laboratorio più idonei, addirittura un aumento in luogo della diminuzione attesa della carica di agenti patogeni!!

Quindi anche i guanti – utilizzati indiscriminatamente da soggetti diversi da quelli che ne devono fare uso – appaiono come un presidio inconferente, se non nocivo, con riferimento alla sommaria ‘classificazione’ che stiamo seguendo. Alla stessa stregua di alcuni dei ‘disinfettanti’ per le mani di cui ci siamo  occupati poc’anzi, in questi tempi hanno effetti benefici – se si escludono gli operatori sanitari e socio-assistenziali – soprattutto su chi, producendoli, ne trae profitto e, di conseguenza, su chi li vende!

Al riguardo, auspico un intervento urgente da parte delle Autorità competenti, atteso che è semplicemente indecente che una confezione da cento pezzi di guanti monouso, che prima di questa emergenza aveva un costo di 4-5 euro, oggi sia arrivata ad avere un prezzo di 20-25 euro, quattro-cinque volte il prezzo iniziale! Ma c’è di più: i banchi dei rivenditori ne sono sprovvisti da settimane e ciò non perché vi sarebbe una reale mancanza di scorte, bensì, in quanto, nella peggiore applicazione speculativa della legge della domanda e dell’offerta, chi li produce, pur avendone i depositi pieni, avrebbe preferito trattenerli nei propri magazzini per accrescere l’attesa nell’acquirente, inducendolo, una volta che il prodotto fosse nuovamente disponibile sugli scaffali, ad approvvigionarsene in quantità ben superiori alle effettive necessità, nonostante i costi esorbitanti, per effetto del condizionamento subito.

Sempre a proposito dei guanti, vi sono, infine, due, ulteriori aspetti da considerare, di non secondaria importanza.

Il primo: onde evitare concentrazione di patogeni e, quindi, contagi, i guanticome le mascherine e i respiratoriuna volta usati andrebbero smaltiti tra i rifiuti speciali e deposti, temporaneamente, in contenitori specifici, aventi i requisiti di Legge, non certo in cestini gettacarte, ridestinati, d’improvviso, improvvidamente allo scopo.

Il secondo: nessuno sembra più preoccuparsi dell’inquinamento cagionato dai materiali non biodegradabili che, nella maggior parte dei casi, compongono questi presidi (anche perché quelli realizzati con materiali biodegradabili, non offrono ALCUNA protezione dai patogeni). Eppure, nel lungo periodo gli effetti esiziali sulla flora e sulla fauna non sono minori rispetto ad altri pericoli (da se stesso prodotti) che incombono sul genere umano. L’ecologia non è una moda, un fenomeno e gli ecologi – che sono ben altra cosa rispetto ai tanti ecologisti in circolazione (anche nella nostra Città), spesso, ideologizzati e ‘monotematici’, in quanto perseguenti malcelati scopi politici – non sono oracoli da ascoltare discrezionalmente, alla (presunta) bisogna.

Tornando a noi, in conclusione, qual è la miglior soluzione per ridurre il rischio di essere infettati da patogeni eventualmente presenti sulle nostre mani?

Lavarsele correttamente, creando abbondante schiuma che ha la capacità di eliminare fisico-chimicamente ciò con cui sono venute a contatto, utilizzando un normale detergente che rispetti il pH acido della pelle, evitando quelli contenenti antibatterici (reali o presunti tali) che nessun effetto avrebbero sui virus, rischiando, per contro, di alterare il film idrolipidico e/o, addirittura di danneggiare lo strato corneo dell’epidermide, oltre a creare forme super resistenti. Per lo stesso motivo, salvo casi di reale necessità (elevata probabilità di essere venuti a contatto con virioni), lasceremo l’applicazione successiva – o sostitutiva – di disinfettanti ai medici, ai biologi, al personale sanitario e assistenziale (sempre e solo alla bisogna).

Parimenti dannoso è esagerare nel numero di volte in cui ci si lava le mani: detta operazione va compiuta esclusivamente quando ce le si è sporcate, o si ritiene di poter essere entrati in contatto con patogeni e, in questo particolare periodo, sempre quando si rincasa e prima di consumare pasti e/o spuntini, o di compiere azioni di igiene personale, ovvero di cura della persona (come il taglio e la limatura delle unghie). Peraltro, un numero eccessivo di insaponature, oltre che essere inutile, è certamente inquinante.

E, con questo, per oggi è tutto (in molti, lo so, trarrete un sospiro di sollievo)!

Nella prossima puntata ci occuperemo di altri obbrobri dell’igiene ‘2.0’, soprattutto di quelli proposti dalla banda ‘svarioni, crisantemi &co’.

Infine, proveremo a riportare – sottoponendole alla vostra attenzione, soprattutto a quella dei più giovani – una serie di buone pratiche che dovrebbero SEMPRE essere poste in essere, a prescindere dalla COVID, nell’ordinarietà così come in situazioni emergenziali, quali quella che abbiamo vissuto.

Non mancate!

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INTANTO LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI:

VIII PUNTATA: CASTRONERIE ‘ANTIVIRUS’. IL POPOLO DELLE (PERNICIOSE) MASCHERINE

VII PUNTATA: LA ‘CHIUSURA ALL’ITALIANA’

VI PUNTATA: GLI AGGHIACCIANTI PERCHÉ DI TANTE VITE UMANE SPEZZATE

PUNTATA: PERCHÉ CI HANNO RECLUSI

IV PUNTATA: IL MODELLO ANGLOSASSONE E LA “TERZA VIA”

III PUNTATA: EFFETTI INDESIDERATI E COLLATERALI DELLA CLAUSURA FORZOSA (SOPRATTUTTO PER CHI NON VIVE AL GRAND HOTEL)

II PUNTATA: EFFICACIA DELLA CLAUSURA FORZOSA

I PUNTATA: EFFICACIA GIURIDICA DELLE RECENTI RESTRIZIONI GOVERNATIVE